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Roma antica repubblica

La prima espansione militare di Roma è caratterizzata, internamente, dalla fase repubblicana. In essa, il senato eleggeva due consoli e le competenze religiose erano affidate a un sacerdote.
Il governo era quindi in mano ai patrizi, membri del senato che potevano ricoprire cariche pubbliche.

I plebei partecipavano alle guerre, con grave danno per i loro campi e per l'attività artigiana, ma non partecipavano alla spartizione dei territori occupati: ad ogni guerra il divario tra le caste cresceva e i plebei, a furia d'indebitarsi, potevano diventare schiavi.
Dure lotte costrinsero i patrizi a riconoscere due magistrati (tribuni della plebe) che rappresentavano i plebei in senato.
Essi potevano opporre il loro veto alle leggi.
La più grande conquista dei plebei furono le Leggi delle XII tavole (incise nel 450 a.C. su tavole di bronzo ed esposte nel Foro, la piazza più importante della città).
Esse costituirono la prima forma scritta di emanazione di leggi, anche se ci vollero altri 150 anni perché i plebei potessero accedere alle cariche pubbliche.
Le guerre di Roma travolsero Etruschi, Volsci, Equi, e Sanniti, poi Roma accrebbe il proprio potere commerciale sui mari con la guerra contro Taranto e altre colonie greche. Tra il V e il III sec a.C., i romani occuparono tutta la penisola; tuttavia, i popoli conquistati non vennero schiavizzati, ma furono costretti ad accettare le leggi romane e il latino come lingua.
Roma finì per sfidare la potenza della città di Cartagine (fondata dai Fenici). Le guerre puniche durarono un secolo e mezzo con fasi alterne; Roma rischiò di essere distrutta dal generale Annibale, che dalla Spagna era giunto in Italia passando le Alpi.
Alla fine, Roma occupò la Spagna e altre colonie cartaginesi, e rase al suolo Cartagine stessa ("DELENDA CARTHAGO").
Nello stesso anno (146 a.C.), anche la Grecia divenne provincia romana.


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