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Roma da repubblica a impero

La lotta sociale tra patrizi e plebei sociò nella lotta tra due partiti: democratico (alla testa del quale era Caio Mario) e aristocratico (Cornelio Silla). Mario aveva immesso nell'esercito anche i cittadini sprovvisti di censo, trasformando l'esercito da cittadino in mercenario e conquistando la simpatia del popolo.
Silla era invece appoggiato dal senato: sconfisse Mario e si proclamò dittatore a vita, inferendo un primo colpo, quasi mortale, alla democrazia (per la legge, tale titolo poteva essere assunto in caso di guerra per un massimo di sei mesi).

Per evitare una guerra civile, anni dopo la rinuncia volontaria di Silla all'incarico, si affidò il potere a un triumvirato, composto da Pompeo (militare), Crasso (un uomo ricco, a rappresentare la sua categoria), Cesare (capo del partito democratico).
La pace durò poco a causa delle rivalità tra Cesare e Pompeo. La lotta politica si trasformò in guerra civile e Pompeo ebbe la peggio.

Crasso morì nella guerra contro i Parti e Cesare si fece conferire dal senato la potestà tribunizia (la sua persona divenne sacra e inviolabile), pontificato massimo (suprema carica religiosa) e, infine, la dittatura a vita con il pieno dei i poteri civili e militari.
Cesare ridusse il potere del senato a quasi un nulla, avvicinando Roma allo status di impero (monarchia militare assoluta e divina).
Una congiura di senatori, nel 44 a.C., pose fine alla sua vita e non gli consentì di realizzare una serie di riforme che aveva in mente.


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