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Santa Maria in Lata

In questa pagina, si trovano informazioni su questi e altri documenti:

Santa Maria in Lata
Collegio Romano
Galleria Doria Pamphilj (o Pamphili, o anche Pamphily)
S. Ignazio da Loyola
Tempio di Nettuno
Piazza Colonna
Colonna di Marco Aurelio
Montecitorio
San Lorenzo in Lucina
San Carlo al Corso
Piazza del Popolo
Santa Maria del Popolo
Piazzale Flaminio
Ponte Milvio

La via del Corso, che taglia il centro di Roma, da piazza Venezia a piazza del Popolo, è un rettilineo lungo 1500 m, stretto da due file di palazzi che vanno dal tardo Rinascimento al rococò e formano un insieme grandioso, omogeneo e vario al tempo stesso. Essa segue il percorso della medioevale via Lata, corrispondente al tratto urbano della romana Flaminia, che univa Roma alle provincie del Nord. Raddrizzata nel tratto presso piazza Venezia da Paolo II (XV secolo), che per primo vi fece svolgere le corse dei cavalli che le diedero il nome (famose quelle dei barberi, cavalli arabi), la via venne nel Seicento completamente rettificata da Alessandro VII; nel 1736 fu pavimentata a selci e nella prima metà del XIX secolo vi furono aggiunti i marciapiedi. Alla fine del XIX secolo le corse dei cavalli venivano proibite dal Governo italiano e pochi anni dopo tramontava quel carnevale romano che nel Corso aveva il suo centro splendido e gioioso. Intitolata nel 1900 al re Umberto I, la via ha ripreso nel 1947 il suo antico nome. Vi si svolge, specie nel tratto centrale, un traffico animatissimo, reso più intenso dalla strettezza dello spazio. La numerazione inizia da piazza del Popolo, scende sul lato sinistra della via fino a piazza Venezia e risale sull'altro lato, secondo un sistema molto diffuso a Roma.
La via del Corso, o più semplicemente il Corso, inizia dal lato della piazza Venezia opposto al Vittoriano. Sull'angolo sinistro sorge il palazzo Bonaparte, poi Misciatelli, con la barocca facciata in mattoni caratterizzata da una loggia coperta al 2° piano.
Costruito nel 1660 da Mattia de Rossi, passò ai Rinuccini, poi alla madre di Napoleone I, Letizia Ramorino, che qui visse dopo la caduta del figlio, morendovi nel 1836.

A destra, al N. 271, si trova il palazzo Salviati (già Aldobrandini, poi Nevers, poi sede del Banco di Sicilia), con facciata barocco-rococò (cornicione ornatissimo e portale con 4 colonne doriche sostenenti una loggia), di O. Rainaldi (1662).
Edificato dal duca di Nevers, nipote del cardinale Mazzarino, acquistato da Luigi XV per l'Accademia di Francia (che ora si trova sopra Trinità dei Monti), fu poi dato al granduca di Toscana in cambio di Villa Medici; il palazzo passò quindi al re di Olanda Luigi Bonaparte, poi ai Salviati, agli Aldobrandini, quindi al Banco di Sicilia.


Galleria Doria Pamphilj (o Pamphili, o anche Pamphily)

Segue, ai civici 260-269, la grigia facciata posteriore del palazzo Odescalchi, opera moderna di Raffaele Oietti (1887-89) in bugnato imitante il palazzo Riccardi di Firenze. Sul lato sinistro del Corso, compare l'alta ed elegante facciata rococò del palazzo Doria, eretto nel XV secolo dai cardinali dell'attigua diaconia di S. Maria in via Lata e acquistato successivamente dai Della Rovere, dagli Aldobrandini e inifine dai Pamphilj, estintisi nei Doria. La facciata sul Corso è di Gabriele Valvassori (circa 1734); quella su via del Plebiscito di Paolo Amali (1743), quella sulla piazza del Collegio Romano di Antonio Del Grande; il lunghissimo e tetro lato posteriore (su via della Gatta) è di Andrea Busiri (XIX secolo); il magnifico cortile porticato imita modelli bramanteschi. Le splendide sale dell'interno racchiudono la Galleria Doria Pamphilj, preziosa raccolta di quadri, specialmente del secolo XVI e XVII. L'ingresso per il pubblico è in piazza del Collegio Romano.
La Galleria raccoglie un numero impressionante di opere, ne possiamo segnalare solamente alcune di un certo interesse:

Cadmo dopo ucciso il drago, di L. Agricola
Paesaggio, di G. Dughet (con animali di F. Roos, detto Rosa da Tivoli)
Paesaggi, di Frans van Bloemen
S. Giovanni Evangelista, del Guercino (studio per l'Assunzione, nella Galleria dell'Ermitage a Leningrado)
Paesaggi, di Claudio Lorenese (le figurine mitologiche sono di F. Lauri)
Natività di Gesù, Assunzione di Maria, Epifania, Visitazione, della scuola di Annibale Carracci
Endimione dormiente, tarda opera del Guercino
Paesaggio con Sacrificio ad Apollo, di Claudio Lorenese (una delle sue opere migliori)
Cena in Emmaus, scuola di Giovanni Lanfranco
Fuga in Egitto, di Annibale Carracci
Ritorno del figliol prodigo, probabilmente del Guercino
Piera, della scuola di Annibale Carracci
Convito in casa del Fariseo, del Cigoli
Deposizione, di Annibale Carracci
Icaro e Dedalo, di A. Sacchi
Paese con mulino, di Claudio Lorenese
S. Rocco, di Carlo Saraceni
Sibilla, di Massimo Stanzioni (imitata dal Domenichino)
Riposo nella fuga in Egitto, di Claudio Lorenese
Susanna sorpresa dai vecchioni, copia di Annibale Carracci
Ritratto di Innocenzo X (G. B. Pamphily), di Diego Velasquez (1650).
Da osservare anche le decorazioni di specchi e le statue antiche del secondo braccio
Ritratto di Giofvanna d'Aragona, moglie di Ascanio Colonna
Conestabile del re di Napoli, copia di un quadro di scuola raffaellesca, eseguita da un seguace di Leonardo (senza nome)
Veduta della Sala eretta nel cortile del palazzo nel 1769 per una festa da ballo, di F. Nicoletti
Madonna col Bambino e San Giovanni Battista, di Giovanni Bellini e scolaro
S. Girolamo, di Lorenzo Lotto
S. Girolamo, di Domenico Beccafumi
Didone, di Dosso Dossi
Festa campestre, di D. Teniers
Visione di S. Giovanni Evangelista in Patmos, di Pieter Brueghel, detto "degli Inferni"
Nevicata, copia da P. Breughel il Giovane
Porto di Napoli, di Pieter Breughel il Vecchio
Padre Francescano, di P. P. Rubens
Strage degli Innocenti, di Luca Giordano
Adorazione dei Pastori, di F. Bassano
Le nozze Aldobrandine, di Nicola Poussin (copia di una celebre pittura antica)
Cuoco che prepara le vivande, di Luca Giordano
Battista adolescente, del Caravaggio
S. Giovanni Battista fanciullo, di Mattia Preti
Paesaggio, del Domenichino
Madonna adorante il Bambino, di G. Reni
Mercurio ed Argo, di scuola di G. Dughet
Accademia di musica, di Mattia Preti
Galatea e Polifemo, di Giovanni Lanfranco (?)
Scene pastorali, di Frans van Bloemen
S. Agnese sul rogo, del Guercino
Sacrificio di Noè, di Pietro da Cortona
S. Giovanni Battista, del Guercino
Battaglia, del Borgognone
Campagne lungo l'Aniene, di G. Dughet (?)
La Religione soccorsa dalla Spagna, di scuola di Tiziano
Tancredi ferito soccorso da Erminia e Vafrino, del Guercino
Deposizione, in parte del Veronese
Maddalena, del Caravaggio
Riposo in Egitto, del Caravaggio (la sua opera più poetica)
Carità romana, del Valentin
Ritratto virile, attribuito a Tiziano ma forse del Tintoretto
Salomè, di Tiziano
Ritratto, supposto di Marco Polo, di Jacopo Bassano (una delle sue più belle opere)
Virtù trionfatrice del vizio, abbozzo attribuito al Correggio (di cui uno simile al Louvre)
Maddalena, di Domenico Feti (una delle sue opere migliori)
Cristo paga il tributo, di Mattia Preti (notare la disposizione angolare, prediletta dal pittore)
Paesaggi con figure, del Domenichino
Ritratti degli umanisti veneziani attribuito a Raffaello (dipinti su tela senza imprimitura, forse schizzi per trarne poi due ritratti separati, nello stile del ritratto di Leone X)
Ritratto di giovane, di scuola veneziana (per parecchie caratteristiche fa pensare al Correggio)
San Sebastiano, di L. Carracci
Ritratto virile, del Tintoretto
Maddalena, di Sebastiano Conca
Maddalena, di Mattia Preti

...ma si trovano ancora varie opere di: Girolamo Boniamino, Marco Basaiti, Boccaccio Boccaccino, Bassano, Rondinelli, F. Salviati, L. Mazzolino, Scipione Pulzone, Pierin del Vaga, (scuola di) Andrea del Sarto, G. Van Schorel, P. Bril, G. Van Wittel, A. Elsheimer, W. De Geest, T. de Keyser, H. Van Lint, G. de Vos, A. Isenbrandt, D. Rijokaert, Balthasar van den Bossche, G. Ribera, P. F. Mola, F. Barocci, scuola olandese e scuola francese. Da notare anche quattro arazzi commemorativi della battaglia di Lepanto, tessuti a Bruxelles su cartoni di Mich e i piccolissimi quadretti di pittori di scuola fiamminga, alcuni non attribuiti.


Santa Maria in Lata

Al palazzo Doria segue la chiesa di S. Maria in via Lata, diaconia antichissima, eretta sui resti dei Saepta Julia, il luogo di riunione dei comizi centuriati, e rifatta nel XVII secolo. La facciata barocca a 8 colonne, formanti un portico e una loggia aperta, è di Pietro da Cortona (1660).
L'interno è a 3 navate, vivace per i marmi policromi e le numerose tele del XVII e XVIII secolo. Nelle cappelle terminali di destra e di sinistra, resti di pavimenti cosmateschi; in quella di sinistra, tombe della famiglia Bonaparte (il busto di Zenaide è di P. Tenerani); in fondo alla navata sinistra, tomba (1776) del poeta A. Tebaldeo (1456-1547), con la copia del suo ritratto eseguito da Raffaello. Nel sotterraneo (rivolg. al sacrestano), avanzi della chiesa primitiva con affreschi dei secolo VIII-X. All'angolo della chiesa si volta nella via Lata (a destra, la fontanella del Faccliino, nel costume cinquecentesco della sua corporazione, una delle «statue parlanti» di Roma), e si sbocca sulla piazza del Collegio Romano, il medioevale «Campo Camilliano», overa un posto di gabellieri.


Collegio Romano

A destra, la possente facciata in mattoni del Collegio Romano, eretto nel 1583-85 da Bartolomeo Ammannati (recentemente è stato fatto anche il nome del gesuita G. Valeriano) per volere di Gregorio XIII. Fino al 1870 Istituto tra i maggiori dei Gesuiti, è divenuta poi sede del Liceo-Ginnasio E. Quirino Visconti, dell'Osservatorio Astronomico (la cui torretta è visibile a destra dietro la facciata e che presentemente è inattivo), della Biblioteca Nazionale Centrale Vitt. Emanuele, pag. 142.

Il Collegio Romano è stato inoltre sede dell'importantissimo Museo Preistorico ed Etnografico L. Pigorini, una delle principali raccolte del genere in Europa. Oggi il museo Pigorini si trova all'EUR.

Sul lato opposto del Collegio Romano, nella via di S. Ignazio, al N. 52 è la Biblioteca Casanatense, fondata con testamento dal cardinale Gerolamo Casanate (5 ott. 1698), un edificio annesso al convento di S. Maria sopra Minerva; passò allo Stato nel 1873.
Consta di due grandi sale di consultazione (nel salone, scaffalatura del secolo XVIII e statua di marmo del cardinale Casanate, del Legros) e di una sala di bibliografia. Possiede c. 250000 vol., 100000 opuscoli, 6000 manoscritti, 2080 incunaboli.
Notevoli la collezione degli editti e bandi, la raccolta drammatica, quella Wolynski, la raccolta di rilegature artistiche e parecchi manoscritti miniati.
La biblioteca è specializzata nella storia della Chiesa.


Si ritorna al Corso: a destra, dopo il palazzo Odescalchi, la piazzetta di S. Marcello, con la concava facciata della chiesa di S. Marcello, sorta forse al principio del IV secolo sul Catabillum, stazione centrale dei servizi di posta, ove una tradizione afferma che papa Marcello I fu condannato da Massenzio a servire. Distrutta da un incendio nel 1519, fu ricostruita su disegno di ac. Sansovino; la facciata, di C. Fontana (1682-83), è decorata con_
statue, di Francesco Cavallini e reca, in alto, due grandi volute a foglia di palma; sulla porta, Rinuncia di S. Filippo Benizi alla tiara, bassorilievo di A. Raggi. L'interno è a una navata, con un ricco soffitto (fine XVI secolo). Al di sopra della porta, sta "La Crocifissione", grande affresco di G. B. Ricci da Novara (1613). A sinistra, invece, si trova la duplice tomba di Antonio Orso, vescovo di Ages (in. 1511) e di suo zio il cardinale Giovanni Michiel (morto nel 1503), il nipote di Paolo II fatto avvelenare da Alessandro VI in Castel SantAnge1o, opera di Iacopo Sansovino (1519 circa); il vescovo lasciò al convento di S. Marcello 730 codici e per questo la sua bara è sostenuta da libri).
Sul fianco destro, la cappella è ornata, alla parete di fondo, da "Fatti della vita della Vergine", di F. Salviati a destra, e dal monumento del vescovo Matteo Grifoni (deceduto nel 1567), scultore toscano infiuenzato da Michelangelo. Nella quarta cappella si nota un Crocifisso ligneo, trovato intatto tra le rovine dell'incendio del 1519; alla parete sinistra, monumento del cardinale Ercole Consalvi (deceduto nel 1824), segretario di Stato di Pio VII; nella volta, "Creazione di Eva", i "Ss. Marco e Giovanni", affreschi di Perin del Vaga che iniziò anche gli altri, interrotti dal sacco di Roma del 1527, terminati in seguito da Daniele da Volterra e Fellegrino Tibaldi; sotto l'altare trovasi un cippo romano, ornato ai lati da insegne militari.
Sul fianco sinistro, nella quarta cappella, va seganalata la "Conversione di S. Paolo", di F. Zuccari; ai lati, affreschi di Taddeo Zuccari e busti sepolcrali della famiglia Frangipani (quelli a destra opera di A. Algardi); in altre cappelle, sono rilevanti la pietra tombale del cardinale A. Rivarola (la cui morte risale al 1842).
A destra della chiesa, al N. 255A, si affaccia il portale quattrocentesco del palazzo del cardinale Michiel, già a sinistra, ove fu trovò posto una Galleria moderna, di C. Bazzani, ispirata allo stile barocco dell'attiguo palazzo (già) Mellini, di T. de Marchis (metà del secolo XVIII).
Di fronte alla chiesa, al N. 307, si staglia l'imponente facciata barocca del palazzo del Banco di Roma, ex palazzo Simonetti e Boncompagni Ludovisi, di A. Specchi (1727): vi abitarono il cardinale De Bernis, ambasciatore di Luigi XV e di Luigi XVI, e Chateaubriand (1828-29), ambasciatore di Carlo X; i saloni vantano soffitti affrescati e una magnifica scala «a lumaca».

Più avanti, a sinistra (numero civico 320), il palazzo della Cassa di Risparmio, di A. Cipolla (1872); a destra, invece il palazzo Sciarra-Colonna, eretto da Flaminio Ponzio (fine XVI secolo) in sobrie forme del Rinascimento; l'alto portale, con balcone sostenuto da due colonne doriche, è attribuito ad A. Labacco (XVII secolo).

Ancora a destra, dopo via delle Muratte, che porta alla Fontana di Trevi, trova sede il palazzo di un'altra banca, la Banca Commerciale Italiana, di L. Beltrami (1916-19).


S. Ignazio da Loyola

Di fronte, la via di Caravita porta in piazza S. Ignazio, chiusa scenograficamente a destra da palazzetti settecenteschi (dell'architetto F. Raguzzini), dominata a sinistra dalla chiesa di S. Ignazio di Loyola, eretta su disegno del gesuita Orazio Grassi, in base ai progetti del Domenichino, a spese del cardinale Ludovisi, nipote di Gregorio XV (1626-85). L'altissima facciata barocca a 2 ordini, con nicchie, lesene e grandi volute in alto, è di A. Algardi.
L'interno è a croce latina, a 3 navate. Per l'ampiezza straordinaria della navata centrale, che si estende liberamente fino all'abside, il grigio chiaro
dei pilastri, il rosa delle colonne e il luccicare dei marmi, da l'impressione di una splendida sala per feste e ricevimenti; le navate laterali, anch'esse prolungantisi fino in fondo, sono divise in cappelle. Conviene portarsi sul dischetto a meta della navata mediana per osservare i grandi affreschi della volta: "Ingresso di S. Ignazio in Paradiso" e sotto, ai lati, le "Quattro parti del mondo", capolavori di prospettiva del padre A. Pozzi; dello stesso autore sono la finta cupola con peducci, i disegni dei due altari del transetto e le pitture della tribuna.
Per quanto riguarda il transetto: alle estremità si trovano due altari, preceduti da balaustre ornate da coppie di angeli e fiancheggiati da grandi colonne tortili di verde antico, a fiorami di bronzo dorato. Sull'altare di destra, si osservino i bassorilievi di P. Legros: "Gloria di S. Luigi Gonzaga", le cui reliquie si trovano sotto l'altare, in un'urna di lapislazzuli. Sull'altare di sinistra, "Annunciazione", bassorilievo di Filippo Valle; sotto l'altare sono poste le reliquie di S. Giovanni Berghmans.
Nella cappella a destra dell'abside, monumento di Gregorio XV (il papa santificatore di S. Ignazio) e del cardinale ludovisi, di P. Legros (le due statue della Fede e della Farna sono di Stefano Monnot; le Virtù, di C. Rusconi). A destra della cappella una lunga scala a chiocciola sale alle stanze dove visse S. Luigi Gonzaga (ricordi).


Tempio di Nettuno

Di fronte a S. Ignazio, la via dei Burrò (cosiddetta dagli uffici, che vi risiedevano durante l'occupazione napoleonica) porta in piazza di Pietra, che prende nome dagli avanzi del Tempio di Adriano (Hadrianeum), noto comunemente come Tempio di Nettuno, poi Borsa.
Aveva 8 colonne sulla facciata (verso il Corso) e forse 15 sui lati; era circondato da un portico quadrato e si ergeva su un alto podio (in gran parte coperto dal rialzamento del terreno intorno). Rimangono 12 alte colonne sul lato e resti dell'antico soffitto a cassettoni nell'interno. Nel cortile del palazzo de1_Conservatori, sono posti i rilievi che ornavano il podio o, più probabilmente ancora, la cella interna.


Piazza Colonna

Da piazza di Pietra, per via dei Bergamaschi, si passa alla celebre piazza Colonna, animatissimo centro della vita cittadina di Roma.
A sinistra, si presenta la facciata ottocentesca del palazzo Wedekind (di P. Gamporesi, 1838), con ampia terrazza sorretta da un portico di 16 colonne ioniche antiche, provenienti da Veio. A destra, la piccola chiesa di S. Bartolomeo o di S. Maria della Pietà, eretta nel 1561 dalla Confraternita dei Bergamaschi, presso l'edificio che fu l'Ospedale dei Pazzi (facciata settecentesca di G. de Dominicis); più a destra, sull'angolo del Corso, il palazzo Ferraioli, già Niccolini; oltre il Corso, la Galleria Colonna, che si biforca a Y. Sul quarto lato della piazza (il lato Nord), si ammira la grande facciata laterale del palazzo Chigi.


Colonna di Marco Aurelio

Al centro della piazza, sopra un'altissima base cubica, si erge la dorica colonna di Marco Aurelio, di marmo lunense, fasciata da un bassorilievo a spirale e sormontata dalla statua di S. Paolo.
Incominciata nel 176 per celebrare il trionfo di M. Aurelio sui Marcomanni, i Quadi e i Sarmati, finita forse nel 193, essa è alta m 29.60 metri (con la base e il capitello metri 42), ha un diametro di metri 3.70 ed è formata da 28 blocchi (alcuni spostati da terremoti). Le 20 spirali del bassorilievo rappresentano in basso la guerra germanica (171-173), in alto la guerra sarmatica (174-175), con uno stile meno raflinato dei bassorilievi della colonna
Traiana, alla quale si ispirano, ma interessante per i tipi, i costumi e l'ambiente rappresentati nei particolari delle scene. Sul lato Est, al 30° giro, si vede Giove Pluvio che manda la pioggia a ristorare i soldati romani, episodio corrispondente al miracolo della pioggia attribuito alle preghiere dei soldati cristiani. Nell'interno una scala di 190 gradini porta alla sommità, dove era in origine la statua dell'imperatore e dove, nel 1589, D. Fontana pose quella di S. Paolo. Contemporaneamente l'artista rinnovava il basamento, con l'iscrizione che attribuisce erroneamente la colonna all'imperatore Antonino Pio.
Calchi dei rilievi della colonna si conservano nel Museo di Roma.
La colonna si trovava al centro di una zona monumentale della Roma degli Antonini, tra il Tempio di Marco Aurelio (al posto del palazzo Wedekind), il tempio di Adriano, Fustrinum Antoninorum (edificio per la cremazione) al posto di Montecitorio, il portico ove fu poi il palazzo della Rinascente e altri edifici, i cui resti furono trovati costruendo la Galleria.
Di fronte alla colonna, dalla parte del Corso, si trova una fontana cinquecentesca, di Giacomo della Porta, semplice e leggiadra.

Passando sulla destra del palazzo Wedekind, si va in piazza di Montecitorio, forse da «monte accettorio» (ab acceptandis suffragiis), perchè si vuole che qui si adunassero a votare le centurie. La piazza, in forte pendenza, ha al centro l'obelisco di Psammetico II (594-589 a. C.), portato sotto Augusto da Eliopoli a Roma (v. iscrizione nella base, con l'attribuzione erronea a Sesostri) e collocato in Campo Marzio, come gnomone di meridiana.
Caduto per incendio, fu innalzato qui nel 1789 da Pio VI, che lo fece restaurare con il granito della colonna di Marco Aurelio e vi pose in cima il globo di bronzo con il suo stemma. È alto c. 22 m, con il basamento e il globo m 29.


Montecitorio

Chiude la piazza a Nord la curva facciata del palazzo di Montecitorio, iniziato nel 1650 dal Bernini per i Ludovisi, continuato sotto Innocenzo X per i Pamphili, terminato infine da C. Fontana e adattato, per volere di Innocenzo XII, a sede dei Tribunali (Curia I nnocenziana).
Sono del Bernini il piano generale, l'idea di dare alla fronte l'andatura convessa, che ne aumenta la grandiosita, i motivi rupestri agli spigoli, attorno ad_alcune finestre e alla base delle ali laterali. Dal 1870 il palazzo è sede della Camera dei Deputati; nel 1918 E. Basile costruì, in piena dissonanza stilistica con il resto dell'edificio, la facciata posteriore, nella piazza del Parlamento. L'interno (visibile a Camera chiusa, passando dalla piazza del Parlamento), vi è una grande aula a emiciclo (E. Basile) con gli scanni per i deputati (528), i banchi della Presidenza e del governo, le tribune per la stampa e per il pubblico; le pareti sono rivestite di legno di quercia e il soffitto aperto da un grande lucernario. Sotto le finestre, comprese nella cornice del coronamento, si presenta un fregio allegorico (G. A. Sartorio), rappresentante le citta italiane, le virtù del popolo italiano e i periodi più salienti della sua storia; al centro, la storia di Casa Savoia, quadro bronzeo di D. Calandra. Gli altri ambienti del pianterreno (tra cui il grande «corridoio dei passi perduti») e del primo piano sono riccamente ornati. La Biblioteca della Camera dei Deputati, fondata nel 1848, contiene centinaia di migliaia di volumi, opuscoli e periodici.

Riprendendo il Corso da piazza Colonna e procedendo verso piazza del Popolo, compare a sinistra la facciata, a 5 ordini di fitte finestre, del palazzo Chigi, incominciato da Giacomo Della Porta (1562) per i Chigi, grandi finanzieri senesi, continuato da C. Maderno e ultimato da F. Della Greca, che decorò in stile barocco il bel cortile (fontana, con grande stemma dei Chigi). Dal 1923 del Ministero degli Affari Esteri, poi trasferitosi. Nell'interno, arazzi, sculture e altre opere d'arte. Di fronte al palazzo si apre il largo Chigi, chiuso a sinistra dal palazzo della Rinascente, a destra da un lato del palazzo della galleria Colonna; in mezzo ha inizio l'ampia e animatissima via del Tritone, con lo sfondo di piazza Barberini.

Al principio di via del Tritone, a destra, sull'angolo di via di S. Maria in Via, sorge la chiesa con lo stesso nome, S. Maria in Via, ricordata dal 955 e più volte ricostruita, l'ultima alla fine del XVI secolo, forse su disegno di Giacomo Della Porta. Elegante facciata barocca, incominciata da Martino Longhi il Vecchio e finita da C. Rainaldi (1670). L'interno è ricco, rettangolare, a una navata terminante con l'abside.
Nelle cappelle sono da notare la "Madonna del pozzo" (XIII-XIV secolo), (nella terza) "Annunciazione", "Natività" e "Epifania" del Cavalier d'Arpino; (nella cappella seguente) di C. Lombardi, il crocifisso ligneo, del XVI secolo, su parete affrescata da C. Casolani.

Continuando nel Corso si trova, a sinistra, al N. 374, il palazzo del Credito Italiano, già Verospi, eretto nel 1606 da C. Rainaldi e da Longhi, ma completamente rimodernato nel 1906; a destra, il palazzo Marignoli: al pianterreno, il caffè Aragno fu il primo aperto a Roma dopo il 1870 e già notissimo ritrovo di uomini politici, letterati e giornalisti.
Segue la via delle Convertite, che porta a destra in piazza S. Silvestro, ove fu posto il palazzo della Posta Centrale, ricavato nel 1877 (architetto Malvezzi) dal convento dell'attigua chiesa di S. Silvestro in Capite.
Un pittoresco cortiletto, ingombro di palme e di frammenti marmorei, chiuso verso la piazza da una bassa facciata, precede la chiesa, eretta da
papa Stefano II (752-57) sulle rovine del tempio del Sole, innalzato dal'limperatore Aureliano; bello il campanile romanico.
Fu rifatta nel 1690 ed oggi per essere poi destinata al clero cattolico inglese. Deve il nome alla reliquia del capo di S. Giovanni Battista, che vi si conserva da secoli. L'interno è a una navata: la volta ampia, affrescata da Giacomo Brandi (XVII secolo); le due colonne che sostengono la fastosa loggia dell'organo, sopra l'ingresso, sono gli unici resti della chiesa primitiva; l'altare maggiore è di C. Rainaldi (XVII secolo).

Ripreso il Corso, a sinistra, all'angolo della piazza in Lucina, il palazzo Fiano, poi Almagiá, eretto nella prima meta del XV secolo per i cardinali titolari di S. Lorenzo in Lucina, in seguito passato tra le proprietà del cardinale Giorgio di Portogallo; fu rimodernato alla fine del XIX secolo da F. Settimi.
Il lato posteriore, sulla via in Lucina, con tre ricchi piani e un bellissimo cornicione, è del XVI-XVII secolo: all'interno, interessa la scalinata del secolo XV. Una lapide ricorda che il palazzo, sorto in parte ai margini dell'Ara Pacis Augustae, era unito agli edifici di fronte da un arco del tempo di Adriano, detto poi arco di Portogallo e distrutto nel 1665 per rettificare il Corso. Tra la fine del XVIII e il principio del XIX secolo fu sede di un teatro di marionette, frequentatissimo ritrovo mondano e diplomatico della Roma papale; al principio del XIX secolo vi tenne salotto Madame Bécamier.


San Lorenzo in Lucina

A lato del palazzo, sulla piazza in Luciiia, sorge la chiesa di S. Lorenzo in Lucina, eretta nel IV o V secolo nella casa della matrona Lucina, rifatta da Pasquale II (1099-1118), che aggiunse il portico a soffitto ligneo spiovente, sorretto da colonnine in pietra, e il campanile a 3 piani di doppie bifore. Fu rimaneggiata da Cosimo Fanzago (circa 1650). L'interno è secentesco, a una navata, con ricco soffitto a cassettoni dorati. Sopra l'ingresso si trova una vasta cantoria, sorretta da due colonnine.
Al 20° pilastro destra, è posta la tomba del celeberrimo pittore Poussin, fatta eseguire da Chateaubriand; nella 4° cappella destra, disegnata dal Bernini, a cui si deve anche il 20° a sinistra dei 4 busti della famiglia Fonseca. All'a1tare maggiore, un importante Crocifisso di Guido Reni, ammiratissimo soprattutto nel passato; nel coro, dietro una porticina, appare cattedra con un'iscrizione ricordante Pasquale II e la graticola di S. Lorenzo.

Dopo la piazza, a sinistra sul Corso, il palazzo Ruspoli, già Caetani, eretto nel 1586 da Bartolomeo Ammannati per i Rucellai; con il palazzo Sciarra è il più notevole edificio in stile Rinascimento sul Corso. La facciata ha un grande portale bugnato, un piano di semplici finestre e una torre-belvedere al centro. Nell'interno, sale una grandiosa scalinata di Martino Longhi il Giovane, di oltre 100 gradini, ciascuno di un solo pezzo di marmo largo 3 m.
Nel palazzo abitò, dopo la caduta di Napoleone, Ortensia, sua cognata e figliastra, coi due figli, uno dei quali fu poi Napoleone III.

Si arriva al largo Goldoni, uno dei più pittoreschi quadrivi della città: a destra, celebratissima sede di negozi di prestigiosi marchi di moda, si allunga via Condotti, con il magnifico sfondo della Trinità dei Monti (nel primo palazzo a destra abitò nel 1758-59 Carlo Goldoni); a sinistra, via Fontanella di Borghese, che porta al palazzo Borghese, e via Tomacelli, con lo sfondo di piazza Cavour.


San Carlo al Corso

Il tratto seguente del Corso, più modesto (ma non per questo tranquillo, nelle giornate in cui romani e turisti sono a fare shopping), conserva l'aspetto di una via del XVIII secolo: a sinistra, si individua la chiesa di San Carlo al Corso, iniziata da Onorio Longhi (1612), continuata dal figlio Martino il G. (1619-27), terminata nel 1672. La costruzione fu pensata per esaltare l'insegnamento di Carlo Borromeo in occasione della sua canonizzazione.
La facciata è alta, tripartita da 2 gigantesche colonne, di G. B. Menicucci e fra' Mario da Canepina, su disegno del cardinale L. Omodei (1682-84); la cupola, tra le maggiori di Roma -ma non considerata tra le più belle-, su disegno dei Longhi, modificato da Pietro da Cortona. L'interno è lungo 72 metri, vastissimo ma freddo, a croce latina, diviso in 3 navate da pilastroni ad intonaco policromo, che hanno sul rovescio grandi statue barocche; intorno all'abside, il deambulatorio.
La volta della navata centrale, la cupola e il presbiterio sono affrescati da Giacomo Brandi; le cappelle laterali risultano riccamente decorate.

Facciata di San Carlo al Corso
Facciata di San Carlo al Corso


All'altare del braccio destro del transetto, tra le statue di Giuditta (a destra) e di David (a sinistra) del Lebrun, vi è la copia in mosaico dell'Assunzione di C. Maratti, originale che si trova in S. Maria del Popolo. All'altare maggiore, "Gloria" dei Ss. Ambrogio e Carlo, di C. Maratti (1685-90); dietro l'altare maggiore, sopra un altare disegnato da C. Maratti, un ricco religuiario racchiude il cuore di S. Carlo; nello spessore del muro a sinistra dell'altare maggiore, c'è un tabernacolo dell'olio santo (XV secolo), proveniente forse dalla chiesetta di S. Ambrogio.
Sull'altare della le cappella sinistra, S. Barnaba, di P. F. Mola; nella cappella di passaggio alla sagrestia, da vedere il Crocifisso del Borgognone.
In sagrestia si trovava un ritratto di Margherita di Savoia duchessa di Mantova, di F. Pourbus il Giovane, attualmente custodito altrove.

Per una porticina a metà della navata sinistra, si passa in un ampio portico che fiancheggia un pittoresco cortiletto e porta all'antica cappella di
S. Ambrogio, innalzata dai Lombardi nel 1513 al posto della chiesa di S. Nicolò del Tufo, concessa loro da Sisto IV nel 1471. Nella cappella restaurata negli anni '40, sull'altare, vedasi la Deposizione e due Sibille, sculture di T. Della Porta (principio del XVII secolo).

Si continua nel Corso, lasciando a sinistra i nuovi palazzi, sorti dalla sistemazione del Mausoleo di Augusto e dell'Ara Pacis. Segue, sempre a sinistra, la chiesa di S. Giacomo in Augusta o degli Incurabili, contemporanea dell'ospedale omonimo, ma rifatta alla fine del XVI secolo; la facciata, con loggia sormontata da una conchiglia marmorea, è di C. Maderno.
L'interno, di F. da Volterra (1585), è ellittico con giro di cappelle e cupola.
Al 2° altare destro, da notare "San Francesco da Paola", rilievo di P. Legros il G.

A sinistra della chiesa, in via Antonio Canova, l'Ospedale di S. Giacomo in Augusta, fondato nel 1338 dai Colonna, rifatto nel 1831-46 da P. Camporesi il Giovane, in stile neo-classico. All'interno, su un ripiano dello scalone, Madonna, bassorilievo di A. Bregno.
Più avanti nella via, a sinistra, l'edificio ove fu lo studio di Antonio Canova; all'esterno, si trovavano frammenti di sculture e busto bronzeo dell'artista.
Sul corso, a destra, la chiesa di Gesù e Maria, dalla bella facciata a un solo ordine, con portale a timpano e finestrone rettangolare, opera di G. Bainaldi (princ. XVII secolo), l'interno di C. Maderno (1640), a una navata con volta a botte, è di piacevole e ricco effetto decorativo per labbondanza dei marmi policromi e per i monumenti della fam. Bolognetti, costituiti da gruppi di busti marmorei morei pieni di movimento e di espressione, opera di vari artisti barocchi (F. Aprile; F. Cavallini; Michele Maglia).

Segue la casa ove abitò Wolfgang Goethe (come evidenziato dall lapide); a sinistra, ai Nn. 518-519, il settecentesco palazzo Sanseverino, poi della Banca dell'Agricoltura, con doppio portone e elegante cortile.

La Pietà Rondanini (così detta dai precedenti proprietari del palazzo, allora "palazzo Rondanini"), tarda opera incompiuta di Michelangelo, si trovava qui quando, dopo l'acquisto del palazzo da parte della Banca dell'Agricoltura, fu portata nel villino Sanseverino (quartiere Salario).
Oggi è conservata presso il castello Sforzesco di Milano, ed è considerata l'ultima opera scolpita da Michelangelo.


Piazza del Popolo

Al termine del Corso si sbocca in piazza del Popolo, una delle più grandi e scenografiche di Roma, capolavoro dello stile neoclassico, opera di Valadier (1816-20). La piazza è limitata a Est e a Ovest da due muraglie ad emiciclo, ornate alle estremità dalle statue delle Stagioni e, al centro, dai gruppi marmorei di Nettuno fra 2 tritoni (a sinistra) e di Roma fra Tevere e Aniene (a destra), sovrastanti due fontane a valva di conchiglia. Al di là della muraglia di destra si elevano i piani successivi del Pincio, con la sistemazione monumentale datagli dal Valadier.
A Nord, due bassi fabbricati monumentali si avanzano a chiudere la piazza, coprendo, quello di sinistra, la Caserma G. Acqua e quello di destra,
S. Maria del Popolo; al centro appare splendida la Porta del Popolo.

Obelisco a piazza del Popolo
Obelisco al centro di piazza del Popolo


A Sud, a destra e a sinistra dellimbocco del Corso, formano una testata di grande effetto scenografico le chiese gemelle di S. Maria dei Miracoli (1678) e di S. Maria in Montesanto (1675), iniziate da G. Bainaldi e compiute dal Bernini e da G. Fontana.
Sono due rotonde precedute da portici a colonne e sormontate da cupole larghe e basse, con copertura a scaglie. Nell'interno di S. Maria in Montesanto, terza cappella sinistra, Maria adorante e 2 Santi, del Maratti; nella volta della sagrestia, affreschi attribuiti al Baciccia.

Al centro della piazza si erge l'Obelisco Flaminio (alto 24 metri; 36.50 col basamento), il più antico di Roma dopo quello lateranense.
Innalzato a Eliopoli sotto i faraoni Merentab e Bamesse II (XIII-XII secolo a. 0.), ai quali si riferiscono i geroglifici, sotto Augusto fu portato a Roma per il Circo Massimo e sotto Sisto V fu qui rialzato nel 1585 da Domenico Fontana. Leone XII lo fece circondare di fontane e leoni di marmo.


Santa Maria del Popolo

In fondo a piazza del Popolo (proveniendo dal Corso), a destra, è la chiesa di S. Maria del Popolo, sorta da una cappelletta costruita da Pasquale II (1099) sulle tombe dei Domizi, per cacciarne, secondo la leggenda, lo spirito di Nerone; ingrandita sotto Gregorio IX (1227-41) in chiesa suburbana (parrocchia o populus, donde il nome), fu ricostruita da Baccio Pontelli e A. Bregno per ordine di Sisto IV (1472-77); al tempo di Giulio II il Bramante ne prolungò l'abside.

Mappa della Chiesa di S. Maria del Popolo
Mappa della Chiesa di S. Maria del Popolo


La facciata, semplice e organica, è fra i migliori esempi del primo Rinascimento in Roma: in basso, tre scomparti, divisi da lesene appena rilevate, con 3 portali a coronamento triangolare sobriamente decorati; in alto, un unico scomparto rettangolare con occhio circolare al centro e un triangolo di coronamento; le due M spezzate laterali sono un'aggiunta del Bernini.
L'insieme è reso pittoresco dalle cupolette, dal campanile cuspidato a destra e dallo sfondo verde del Pincio.

L'interno (vedere la pianta nell'immagine) è a croce latina, diviso in 3 navate da ampi archi tondi su fasci di semicolonne e pilastri e con cappelle laterali: nel corso del restauro barocco fatto dal Bernini e scolari (1685-88), furono collocate alla sommità degli archi coppie di statue di Sante e coppie di angeli sulle balaustre delle cappelle terminali del transetto (quelli a destra del Bernini) e sulle due cantorie. Il pavimento è tutto cosparso di lastre sepolcrali, di cui parecchie medioevali e del Rinascimento. Le cappelle abbondano di monumenti e di altre opere d'arte; alcune hanno la balaustra ornata da leggiadra decorazione marmorea rinascimentale.

Nella navata destra, la prima cappella (Della Rovere; sulla pianta in A), è a marmi bianchi, e presenta transenne a stemmi con la rovere; lesene, strombature, lunette affrescate con "Fatti della vita di S. Girolamo", del Pinturicchio e suoi scolari (1485-89).
Sull'altare, si può ammirare l'"Adorazione del Bambino", ancora del Pintoricchio; a destra, tomba del cardinale Giovanni De Castro (1506), attribuita al Sangallo; a sinistra, tomba dei cardinale Cristoforo (morto nel 1477) e Domenico Della Rovere, nipoti di Sisto IV, di A. Bregno (la Madonna è di Mino da Fiesole). Nella seconda cappella (Cybo), compare la snella architettura di C. Fontana (1685) arricchita da un grande effetto coloristico dei marmi del rivestimento dei due sepolcri gemelli, del cardinale Lorenzo Cybo, nipote di Innocenzo VIII, fondatore della cappella (a sinistra) e del cardinale Alderano, rinnovatore di questa (a destra); ambedue i busti, come gli angeli che sostengono l'altare, sono di Francesco Cavallini; sull'altare, "Assunzione e i 4 dottori della Chiesa", di C. Maratti.
La terza cappella (mappa: C) è affrescata con "Scene della vita di Maria", di scuola del Pinturicchio. A destra, tomba di G. Della Rovere, della scuola di A. Bregno (1483). A sinistra, monumento funebre del vescovo Gerolamo Foscari, presumibilmente del Vecchietta.
Nella quarta cappella (mappa: D), del 1489: sull'altare c'è un trittico di marmo con "S. Caterina tra i Ss. Vincenzo e Antonio di P.", di scuola del Bregno. A destra, tomba di J. Albertoni, di Iacopone d'Andrea. A sinistra, tomba dell'ultra-centenario cardinale Giorgio Costa, portoghese, fondatore della cappella (m. 1508; in terra, ben conservata, la pietra sepolcrale del fratello premorto), nelle lunette, Padri della Chiesa, della scuola del Pinturicchio (1489).

Nal transetto destro (E): in alto fa sfoggio di sé una bella cantoria berniniana. Di qui, per un corridoio (F) -lungo il quale si vedono i resti di un altare fatto costruire dal prelato G. De Pereriis, opera della bottega di Andrea Bregno (1497; santi entro nicchie divise da colonnine-, si giunge alla sagrestia (G), col tabernacolo, di A. Bregno (con un'antica Madonna di scuola senese), fatto fare per l'altare maggiore da Alessandro VI.
Ai lati, monumento dei vescovi Rocca (m. 1482) e Giovanni Ortega Gomiel, arcivescovo di Burgos (m. 1514), pure della scuola del Bregno e, in un locale attiguo, un piccolo lavabo coi busti di S. Agostino e di S. Monica, del XV secolo (del Vecchietta?).
Tornando nella chiesa, nella seconda cappella a destra della maggiore (H, di S. Rita da Cascia) dove furono sepolti Giovanni duca di Gandia, figlio di Alessandro VI (fatto assassinare probabilmente dal fratello Cesare nel 1497) e la celebre Vannozza Catanei, sua madre.

Passando alla cappella maggiore (mappa: I), si trova all'altare una "Madonna", tavola attribuita a S. Luca, opera notevole del principio del XIII secolo Ai lati due monumenti di A. Sansovino, tipici del Rinascimento maturo: a destra, del cardinale Girolamo Basso Della Rovere (1507); a sinistra, del cardinale Ascanio Sforza (morto nel 1505), fratello di Lodovico il Moro duca di Milano, grande elettore di Alessandro VI e nemico acerrimo di Giulio II, che, perdonando, gli fece erigere il bellissimo sepolcro. In entrambi i monumenti si noti l'atteggiamento del defunto che, non più adagiato come morto (come nei monumenti del periodo precedente), dorme con la testa sollevata sul braccio.

Nella volta dell'abside, spiccano i bellissimi affreschi del Pinturicchio (Incoronazione della Madonna, gli Evangelisti, le Sibille e i padri della Chiesa). Molto belle anche le due vetrate, uniche di quel tempo in Roma, dipinte a fuoco da Guglielmo de Marcillat con £Fatti della Madonna e di Gesù".
La cupola è forse la prima eretta in Roma (pitture di B. Vanni).
Il transetto sinistro (M), ospita, a sinistra, un monumento al cardinale Bernardino Lonati, fine del XV secolo; a destra, nella prima cappella a sinistra della maggiore (L), si vede all'altare "Assunzione", di Annibale Carracci; ai lati, due quadri del Caravaggio: a sinistra, Conversione di San Paolo; a destra, Crocifissione di S. Pietro.
Nella terza cappella della navata sinistra (Mellini, N): a destra dell'altare in basso, piccolo elegante monumento al cardinale Pietro Mellini (morto nel 1483), forse di Giovanni Dalmata. Le tombe di Urbano e di G. Mellini sono su disegno dell'Algardi. Nella volta, si trovano affreschi deteriorati di G. da S. Giovanni. La cappella Ghigi, dotata di pianta tra l'ottagonale e la croce greca, fu eretta alla Madonna di Loreto da A. Chigi (detto il Magnifico, famoso banchiere senese e mecenate delle arti) su disegno di Raffaello; per la prima volta, qui l'artista considerò la cappella come opera architettonica a sé e non, come allora si usava, quale una galleria per pitture e monumenti. Sono suoi i cartoni dei mosaici della cupola, eseguiti da Luigi di Pace Veneziano (1516), che rappresentano Dio padre creatore del firmamento e, intorno, i simboli del sole e dei sette pianeti; ciascuno di essi è guidato, secondo il concetto dantesco, da un angelo del suo ordine motore. Tra le finestre, si vede la storia della creazione e del peccato, affresco di F. Salviati, del quale sono anche i medaglioni delle stagioni. Sull'altare, trovasi "Nascita della Madonna" di Sebastiano del Piombo.
Nel paliotto, invece, è posto "Gesù e la Samaritana", bassorilievo in bronzo di Lorenzetto, imitazione di bassorilievo antico, già Borghese, ora al Louvre. Agli angoli, i profeti della Resurrezione: girando da sinistra dell'altare: Giona che esce dalla balena, bella figura giovanile (di Lorenzetto, su disegno di Raffaello); Daniele col leone che gli lambisce il piede (Bernini); Elia (di Lorenzetto, su disegno di Raffaello); Abacùc trasportato per i capelli dall'angelo a Babilonia per dar da mangiare a Daniele chiuso nella fossa dei leoni (a destra dell'altare, del Bernini).
Ai lati sono le tombe di A. Chigi (deceduto nel 1520) e di suo fratello Sigismondo (m. 1526).
Le piramidi, da tempo rimproverate al Bernini, sembra che rientrino invece nel disegno architettonico di Raffaello che le avrebbe riprese dall'antichità egiziana come rivelata dalla tomba di Caio Cestio.
Nel pavimento è aggiunta forse berniniana il mosaico con la figura della morte e il motto "mors ad coelos (iter)".
Nella prima cappella (battesimale, P sulla pianta), sono due oleari, della scuola di A. Bregno. A sinistra, è posta la tomba del cardinale Antoniotto Pallavicini (1501) mentre a destra si trova quella del cardinale F. Castiglioni (morto nel 1568).
A sinistra della porta laterale, vi è il macabro monumento fatto a se stesso da G. B. Gisleni (deceduto nel 1672): "negùe hic vivus, neque illic mortùas"; nei medaglioni,interessante il simbolo del bruco che rivive farfalla.

Porta del Popolo
La porta del Popolo che divide l'omonima piazza da piazzale Flaminio


Nel convento attiguo, distrutto nel 1527, dimorò Martin Lutero, nel suo viaggio a Roma del 1511. Accanto alla chiesa si apre la monumentale Porta del Popolo, che corrisponde pressapoco all'antica porta Flaminia, posta al termine del tratto urbano della via Flaminia, che iniziava ai piedi del Campidoglio con la porta Ratùmena o, secondo altri, Fontinalis.

Chiamata nel X secolo Porta S. Valentino (dalla chiesa e dal cimitero omonimi, sempre sulla via Flaminia), fu detta poi «del popolo» dopo la costruzione di S. Maria del Popolo. Nel 1561 il Vignola, su disegno di Michelangelo, eresse la facciata esterna, a un solo arco, con due coppie di colonne antiche e le statue dei Ss. Pietro e Paolo, di F. Mochi.
La facciata interna (verso la piazza del Popolo) fu aggiunta dal Bernini (1655) in occasione della venuta a Roma della Regina Cristina di Svezia: è sobriamente ornata da lesene in basso, da un cornicione a metà con l'iscrizione «Felici fastu ingressu» (di Cristina), e dallo stemma dei Chigi in alto.
I fornici laterali furono aperti nel 1879, demolendo le due torri esistenti. Fuori porta, sale alla destra il viale del Muro Torto, con un tratto delle mura Aureliane, lungo il fianco scosceso del Pincio, sostenuto dalle antiche sostruzioni degli Horti Aciliani. Ove le mura fanno un angolo retto, un enorme blocco informe, il cosiddetto Muro Torto o Maras Raptus, si protende in una Vasta breccia, che secondo Procopio sfuggì ai Goti di Vitige assedianti Roma (536), la qual cosa fu attribuita alla protezione di S. Pietro. Il viale del Muro Torto sale con sensibile pendenza fino al piazzale Brasile dove, a sinistra, è una delle entrate alla Villa Borghese e, a destra, si vedono la Porta Pinciana e via Vittorio Veneto.


Piazzale Flaminio

Fuori della Porta del Popolo si apre il vasto e movimentato piazzale Flaminio, sulla cui destra si trovano uno dei monumentali ingressi (architetto L. Canina) di Villa Borghese, si trova la Stazione della Ferrovia Roma-Viterbo e la breve salita che conduce a Villa Strohl Fern, proprietà della Francia, ove sono studi di artisti e un grandissimo parco con alberi di alto fusto. Si imbocca di fronte la Via Flaminia, l'antica via romana aperta dal censore Caio Flaminio (caduto poi, come console, alla battaglia del Trasimeno), che traversava, e tuttora attraversa, la penisola in direzione NE, raggiunge l'Adriatico a Fano e muore a Rimini, ai piedi dell'Arco di Augusto, ove inizia la via Emilia.
A destra, a intervalli, vista pittoresca sui pendii verdeggianti di villa Rao e villa Strohl Fern. A sinistra, la via D. Azioni, che porta al ponte Matteotti, dell'architetto Antonelli, a 3 arcate (lungo 133 m e largo 20; al di là del ponte si stende il Quartiere Prati). Segue piazza della Marina con il vastissimo palazzo della Marina (architetto Giulio Magni, 1928): la facciata sul Lungotevere è ornata dalle ancore colossali della Viribus Unitis e della Tegethoff.
Oltre il piazzale, al N. 120 della via Flaminia, una lapide ricorda Mariano Fortilny (1838-1874), pittore spagnolo molto in voga nella Roma di Pio IX. Più avanti, a destra, all'angolo di via di Villa Giulia (che porta al Museo di Villa Giulia), è locata la palazzina di Pio IV, attribuita a Pirro Ligorio, di sobrie forme rinascimentali: la facciata, chiusa e pesante in basso, viene invece alleggerita in alto da una fila di finestrette quadrate e da una loggia a colonnine. Fu donata da Pio IV al nipote cardinale Carlo Borromeo, che la lasciò alla sorella, nuora di Marc'Antonio Colonna; venne poi riservata ai cardinali e ai principi di nuova nomina, che di qui muovevano "in cavalcata per il Vaticano".
Nel 1929 divenne sede dell'Ambasciata d'Italia presso il Vaticano.
Nell'angolo destra, si trova una fontana pubblica di Giulio III, di Bartolomeo Ammannati, molto deturpata.

Si oltrepassa il viale delle Belle Arti, che scende dalla Valle Giulia e porta, a sinistra, al ponte del Risorgimento (arditissima opera di cemento armato a un solo arco di 100 m di corda e 10 di saetta, largo 20 m). Sulla via Flaminia, a destra, si vede il monumento commemorativo dei difensori della Repubblica romana, qui caduti nel 1849 «per fermare la marcia dei Francesi». Più avanti, a destra, presso il viale Tiziano, che corre lungo il fianco scosceso dei M. Parioli, il Tempietto di S. Andrea, eretto dal Vignola (1550 c.) per papa Giulio III, con sobria facciata a lesene e bassa cupola ellittica. Segue un giardinetto ornato da una bella fontana e dal monumento equestre di Simone Bolivar, offerto a Roma nel 1931 da un gruppo di nazioni sudamericane. Sempre a destra, in fondo all'ampio viale dello Stadio, lo Stadio Flaminio, in cemento armato, su disegno di Marcello Piacentini, modificato nel 1927; la fronte è ornata da statue, di Amleto Cataldi; al campo di calcio, circondato da gradinate capaci di 30 000 spettatori, sono annesse piscine, palestre, campi e piste per l'atletica.

Dal viale dello Stadio si stacca a destra l'ombroso viale Parioli, che percorre le alture dette M. Parioli. Subito a destra si trovano i resti della basilica di S. Valentino, innalzata da papa Giulio I (337-352) sulla tomba del martire Valentino (III sec.), e la Catacomba di S. Valentino, con interessanti pitture, tra cui una Madonna col Bambino e un Crocifisso (VII sec.); l'unico esistente nelle catacombe romane.

Più avanti, a sinistra, s'incontrano le Scuderie dell'Ippodromo di Villa Glori e l'ingresso al Parco della Rimembranze, disegnato da Raffaele De Vico, 1923-24. Il bellissimo parco che copre la collina di Villa Glori, dove rifulse leroismo dei fratelli Cairoli (1867), è piantato a cipressi, ulivi, olmi, querce, lauri, aceri, cedri, ippocastani, pini, ecc. Il viale principale incrocia il viale dei Settanta (i compagni dei Cairoli) e porta alla piattaforma dell'altare (pure del De Vico), alla colonna commemorativa dei caduti del 1867 e al tronco secco del mandorlo, che Enrico Cairoli bagno col suò sangue.

A 100 metro verso Est, cresce il gruppo di querce dedicato ai Caduti Medaglie d'oro della guerra 1915-18. Dal mandorlo, l'omonimo viale del Mandorlo porta verso Nord al Casale ove si asserragliarono i compagni dei Cairoli dopo lo scontro. Dal parco, uno dei posti più sereni di Roma, si gode una splendida vista sulla sottostante valle del Tevere.
Tornati nel viale Parioli, si devia subito a sinistra e si scende dove era la sorgente minerale dell'Acqua Acetosa, con il grazioso prospetto attribuito al Bernini (1661).

Viale Parioli, lasciando a destra via Bertoloni (in questa si trovano le Catacombe di S. Ermete con vasta basilica sotterranea), continua fino a piazza Ungheria, traversando il bel quartiere Parioli, considerato tra dei più signorili di Roma. Si continua sulla via Flaminia, lasciando a destra, subito dopo lo Stadio, il viale dell'Ippodromo, che porta all'Ippodromo di Villa Glori, per le corse al trotto.
A sinistra, si stacca via Guido Reni ove, a destra, è la chiesa di S. Croce, eretta in stile paleocristiano dall'architetto Aristide Leonori da Pio X, nel 160° anniversario dell'editto di Milano, concedente piena libertà religiosa ai cristiani, dopo la vittoria di Costantino a ponte Milvio.
C'è un bel campanile, e la facciata a getto, adorna di mosaici, è del Biagetti.
Nell'interno si fanno notare: mosaici, ancora del Biagetti; croce di bronzo dorato contenente una reliquia della S. Croce.


Ponte Milvio

Si arriva, seguendo la via Flaminia a circa km 2.5 da Porta del Popolo, al Ponte Milvio o Ponte Molle / Ponte Mollo, l'antico pons Milius, costruito -o meglio ricostruito- dal censore Marco Emilio Scauro alla fine del II sec. a. C., rimaneggiato nel XV sec. da Nicolò V, che aggiunse la torre di guardia, trasformata da Pio VII in arco di trionfo, su disegno del Valadier (1805).
Il ponte, fatto saltare da Garibaldi nel 1849 per ostacolare l'avanzata dei Francesi, fu restaurato nel 1850 da Pio IX.
I quattro archi mediani sono ancora gli antichi. Le spallette del ponte sono ornate dalle statue barocche di S. Giovanni Nepomuceno e dell'Immacolata (verso la città), di Gesù Battezzato e di S. Giovanni Battista (verso la periferia).

Dal ponte, è bella vista del fiume: a destra, il piccolo torrione di Tor di Quinto; a sinistra si trova il Campo della Farnesina, Villa Madama e Monte Mario. Presso il Ponte Milvio ebbe termine (ottobre 312) la celebre battaglia ad Saxa Rubra (al km 130 di via Flaminia), tra gli imperatori Costantino e Massenzio, battaglia che fondò la fortuna imperiale di Costantino e quindi il trionfo definitivo del Cristianesimo.
Al di là del ponte, il piazzale Milvio, chiuso nel fondo dalla chiesa della Madre di Dio, ricostruzione di G. Bazzani (1933).
Dal piazzale si diramano: a sinistra, il Lungotevere Maresciallo Diaz, che porta al Campo della Farnesina e a Monte Mario; al centro la via Cassia e la via Flaminia; a destra, il viale del Lazio, che porta all'Ippodromo militare di Tor di Quinto.


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Arco di Costantino
Arco di Settimio Severo
Arco di Tito
Arco di Tito (nel Foro Romano)
Basilica Giulia
Campidoglio
Casa delle Vestali
Circo Massimo
Collegio Romano
Colonna Aureliana
Colonna di Foca
Colonna Traianea
Colosseo
Colosseo Quadrato
Curia nel Foro Romano
Fontana del Gianicolo
Fontana del Tritone
Fontana della Barcaccia
Fontana delle Api
Fontana delle Naiadi
Foro Romano
Galleria Doria Pamphilj
Obelisco Agonale
Pantheon
Piazza Colonna
Piazza del Popolo
Piazzale Flaminio
Ponte Milvio
Porta Asinaria
Porta Maggiore
S. Maria Antiqua
San Giovanni in Laterano
San Lorenzo in Lucina
San Paolo fuori le Mura
San Pietro
Sant'Ignazio da Lojola
Santa Francesca Romana
Santa Maria del Popolo
Santa Maria in Lata
Santa Maria in Trastevere
SS Carlo e Ambrogio
Ss. Luca e Martina
Tempio dei Dioscuri
Tempio di Nettuno
Tempio di Saturno
Terme di Caracalla
Via del Corso
Villa Borghese
Vittoriano
via Appia

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