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Porta Asinaria Porta Asinaria è la più grandiosa di quelle che si aprono nella cinta Aureliana e fu contrassegnata nei secoli da vicende e fortune alterne e stravaganti. Le due torri quadrate, apparentemente ridondanti e poste accanto a quelle cilindriche, indicano che la porta nacque come semplice varco. Al tempo di Onorio, all'inizio V Sec., essa venne trasformata in una piccola fortezza, con le due alte torri circolari a quattro piani, pensate per colmare la debolezza difensiva della struttura precedente; queste due nuove torri erano connesse tramite una coppia di gallerie coperte, utilizzate per il giro di ronda. Porta Asinaria L'incertezza sull'origine del nome rimane, nonostante i molti tentativi di trovarne una spiegazione certa; in ogni caso, esso ricorre nelle cronache grazie alla vicinanza del monumento a luoghi importanti per il cristianesimo: il Palazzo Lateranense soprattutto, che fu residenza papale fino alla "cattività avignonese". La porta era attraversata da una via che aveva lo stesso nome e che accese la fantasia dei pellegrini e nel Trecento e del Quattrocento. Nicola Muffel, nobile al seguito di Federico II, riportò che la stessa si chiamava "Via degli Asini", in quanto dopo un trionfo vi si passava a cavallo o più frequentemente su asini o muli, ma anche "Via della Vittoria". La leggenda più attendibile, comunque, riporta che il nome deriva da qualche illustre personaggio appartenente al periodo della fine della repubblica; probabilemnte proprio Asinio Pollione, il console che fece costruire la strada. Nel 537, mentre infuriava la guerra goto-bizantina, alcuni avvertirono il generale Belisario che il papa Silverio avrebbe inviato un messaggio al re dei Goti su cui era scritto "vieni alla porta detta Asinaria nei pressi del Laterano e ti consegnerò la città": Belisario lo depose e lo confinò nell'isola di Palmarola nell'arcipelago ponziano. Nel 1084 l'esercito normanno di Roberto il Guiscardo inflisse uno dei più tremendi colpi alle mura e ai quartieri cittadini, espugnati e saccheggiati crudelmente; dalla porta Asinaria partì quel terribile incendio descritto da Goffredo di Viterbo che distrusse almeno metà della città e per tal motivo venne denominata per lungo tempo "porta Perusta" (ossia porta bruciata). Nonostante il grande impegno dei pontefici, Roma rimase successivamente una città quasi del tutto indifesa di fronte agli eserciti ostili che combattevano secondo tecniche militari interamente rinnovate. Nel 1404 dalla porta entrò solennemente l'ambizioso re di Napoli Ladislao D'Angiò, ma soltanto dopo quattro anni la Porta venne chiusa. Fu poi riaperta, rimase in funzione per un altro secolo, quindi sostituita da un nuovo arco adiacente (porta San Giovanni), pregevole ma certamente meno imponente e in posizione più sopraelevata. La chiusura definitiva venne decisa nel 1574 dal Papa Gregorio XIII, noto anche come il riformatore del calendario; da allora la porta è rimasta praticamente abbandonata. Già all'inizio del nostro secolo vennero avanzate alcune proposte per il suo ripristino. L'aspetto attuale è frutto degli scavi e dei restauri eseguiti intorno agli anni '50. |
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