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Foro Romano In queste pagine, si trovano informazioni su:
Foro Romano Da piazza Venezia si raggiunge l'ingresso agli scavi del Foro Romano e del Palatino, percorrendo, a sinistra del monumento a Vittorio Emanuele, il primo tratto della via dei Fori Imperiali, fino all'altezza di via Cavour. Tuttavia, sia per avere una veduta dell'insieme, sia per visitare quella parte delle rovine del Foro non compresa nel recinto degli scavi, è consigliabile salire alla piazza del Campidoglio, e di qui portarsi, per la mld del Campidoglio (a destra del palazzo Senatorio), ad una terrazza, dalla quale si gode il più suggestivo panorama del Foro Romano. La vista abbraccia d'infilata tutta la valle del Foro, limitata a sinistra dalla via dei Fori Imperiali e a destra dal fianco verdeggiante del Palatino. Immediatamente sotto la terrazza, il Tempio degli Dei Consenti e, subito a sinistra, si individuano le tre magnifiche colonne del Tempio di Vespasiano. Ancora entro il recinto del Foro, in primo piano si erge, alto sul podio, il gran portico del Tempio di Saturno; a sinistra, più in basso, l'Arco di Settimio Severo. Dietro, celata in parte dall'arco, la racciata della Curia; mentre, più a sinistra, fuori del recinto, domina la cupola dei Ss. Luca e Martina. Spingendo lo sguardo più avanti nella valle, si scorgono, da destra a sinistra: i resti (basamento e fusti di colonne) della Basilica Giulia; l'alta Colonna di Foca; poi, gli avanzi della Basilica Emilia (questi due ultimi monumenti seminascosti dal Tempio di Saturno). Più lontano ancora, sempre da destra a sinistra: le tre alte e snelle colonne del Tempio dei Dioscuri; il Tempietto di Vesta (ben più basso); l'alto colonnato del Tempio di Antonino e Faustina, dietro il quale si alza la facciata di S. Lorenzo in Miranda. Subito dopo, dalla stessa parte, la rotonda del Tempio del Divo Romolo e, accanto ad essa, un portichetto medievale; dietro spuntano la facciata dei Ss. Cosma e Damiano e il sommo delle grandi arcate della Basilica di Massenzio. Sull'altura della Velia, che chiude nel fondo il Foro, l'arco di Tito (a destra); la facciata e il bel campanile di S. Francesca Romana (a sinistra); sullo sfondo, la gigantesca curva del Colosseo. Si può seguire nelle mappe che seguono (trattasi di una mappa divisa in tre parti per comodità) il percorso proposto in queste pagine: Dalla terrazza, si segue a destra la cima di M. Tarpeo e si scende dal colle seguendo un tratto del Clivus Capitolinus. Si prosegue in piano nella via del Foro Romano che scavalca 1'estremità del Foro, lasciando a destra il Tempio di Saturno e l'Arco di Settimio Severo; a sinistra si succedono, ai piedi dell'incombente facciata del Tabularium, sovrastata dalla parte posteriore del palazzo Senatorio: il Portico degli Dei Consenti, il Tempio di Vespasiano e il Tempio della Concordia. Il Portico degli Dei Consenti (cioè del consesso dei 12 Dei principali), formato da due ali che si congiungono ad angolo ottuso, fu ricostruito o restaurato da Vettio Agorio Pretestato, prefetto di Roma e già amico di Giuliano l'Apostata (367); esso rappresenta forse l'ultimo grande monumento dedicato in Roma al culto pagano. Sotto il portico, unite a due a due entro celle biposto, erano le statue di Giove e Giunone, Nettuno e Minerva, Apollo e Diana, Marte e Venere, Vulcano e Vesta, Mercurio e Cerere, poste nel Foro fin dai tempi repubblicani. Il portico fu scavato nel 1834 e ricomposto in parte nel 1858. Il vicino Tempio di Vespasiano fu innalzato da Domiziano (81) in onore di Vespasiano e di Tito, e restaurato da Settimio Severo e Caracalla (si nota un avanzo di iscrizione). Restano tre delle sei colonne corinzie della fronte: l'architettura ne risulta arricchita ed elegantissima. Il Tempio fu scavato nel 1811 dal Valadier. Segue, dopo i resti di una edicola in onore di Faustina, moglie di M. Aurelio, il Tempio della Concordia, ricostruzione tiberiana (7-10) del santuario eretto da Camillo (367 a.C.) per celebrare l'accordo raggiunto tra patrizi e plebei, e ampliato poi nel 121 a.C. Dell'edificio, che ospitò alcune sedute del Senato e, in età imperiale, un museo d'arte, rimane la piattaforma, caratteristica per essere più larga che lunga. Proseguendo, si trova a sinistra, dopo il clivus Argentarius, la chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami (A 15), eretta da Giacomo Della Porta (1538) per la Confraternita dei Falegnami. Sorge sul posto dove scendevano un tempo dal Campidoglio le scalae Gemormiae. Nell'interno è presente "Presepio", di C. Maratti. Sotto la chiesa è situato il Carcere Mamertino, oggi Cappella di S. Pietro in Carcere. Vi si accede per una duplice scala (ai lati iscrizioni dei consoli Vibio Huiino e Cocceio Nerva, forse del 22). Consta di due celle sovrapposte: la superiore, trapezoidale, è il career Mamertrinus vero e proprio; l'inferiore, formata da blocchi disposti in cerchi che vanno restringendosi verso l'alto, è il Tullianum, ritenuto nei tempi antichi di età regia, oggi giudicato di poco posteriore all'invasione gallica (circa 387 a.C.). Così il nome non deriverebbe da Servio Tullio, ma da tullus o tullius (ovvero "polla d'acqua"), per essere questa costruzione un antico serbatoio d'acqua, simile a quello di Tuscolo e di altre citta etrusche. Più tardi, sostituita la primitiva volta (thelos) con un pavimento, il Tullianum fu unito al Mamertino, dividendo con questo l'ufficio di prigione di Stato e di luogo per esecuzioni capitali. Vi perirono Giugurta, Vercingetorige e i complici di Catilina. Dopo il XVI secolo, in base alla leggenda medioevale che vi sarebbe stato rinchiuso anche S. Pietro che con acqua della sorgente fatta sgorgare miraoolosamente avrebbe battezzato i suoi carcerieri, si chiama anche S. Pietro in Carcere. Chiesa dei Ss. Luca e Martina Di fronte, la chiesa dei Ss. Luca e Martina (A 15), formata da due chiese sovrapposte: l'inferiore fu eretta avanti l'VIII secolo sul Secretarium Senatus, e dedicata alla martire S. Martina; la superiore, dedicata a S. Luca, fu eretta nel 1640 da Pietro da Cortona, che restauro anche l'inferiore, facendo del duplice edificio un insieme perfettamente omogeneo. La chiesa fu donata nel secolo XVI da Sisto V alla corporazione degli artisti, che ne fecero il loro centro, erigendovi accanto la sede dell'Accademia di S. Luca, demolita nel corso della sistemazione dei Fori Imperiali (per la sede attuale, l'interno a croce greca contiene numerose tombe di artisti. Nel braccio sinistra della crociera, tomba di L. Canino, architetto e archeologo; sotto l'a1tare maggiore, statua di S. Martina, di Nic. Menghini. A sinistra dell'altare si scende nella CHIESA INFERIORE: ai piedi della scala, monumento di Pietro da Cortona; di fronte, iscrizione apocrifa di un preteso architetto del Colosseo. Preziose colonne di cipollino e pavonazzetto (forse appartenenti al Secretarium Senatus) ornano l'ambulacro e la cripta; nel vano antistante, statue di 4 Sante in peperino, di C. Fancelli. Nella cripta, sotto l'altare di bronzo dorato, di Pietro da Cortona, le urne dei Ss.Martina, Epifanio e Concordio; sul ciborio, bassorilievo in alabastro di C. Fancelli. Sull'altare a destra, bassorilievo con la Deposizione, e sull'altare a sinistra, 3 santi martiri, gruppo in terracotta, ambedue opere di A. Algardi. Passando a destra di S. Luca, si sbocca sulla Via dei Fori Imperiali, s'incontra l'ingresso principale al Foro Romano e al Palatino. Si percorre una breve discesa e si volta a destra, dove si stendono i resti della grandiosa Basilica Emilia, fondata nel 179 a.C. dai censori M. Emilio Lepido e Fulvio Nobiliore, abbellita da M. Emilio Paolo, console nel 78 a. O., e da altri membri della famiglia. Distrutta da un incendio, ricostruita sotto Augusto, restaurata nel III secolo, fu nuovamente devastata da un incendio, del quale rimangono le tracce, forse durante il sacco di Alarico (410). Fu riscoperta soltanto nel 1899. La basilica si stendeva da Est a Ovest per circa 100 m. La fronte (rivolta verso il Foro) era costituita da un grande portico a due piani: a un restauro di tarda eta imperiale appartengono le tre colonne di granito rimesse in piedi all'angolo Est. Seguiva una fila di botteghe ("tabernae novae") ancora conservate, ai lati dei 3 ingressi, uno dei quali, ad arco, è stato ricomposto dal Bartoli. Di qui si entrava nell'aula centrale, oggi rasa al suolo (rimangono resti di trabeazioni a Nord), che era divisa in 4 navate da colonne di marmo africano e cipollino. Le rovine superstiti mostrano la ricchezza dei marmi e l'eleganza delle decorazioni. Presso il termine della rampa di accesso agli scavi, è stata ricomposta un'iscrizione a Lucio Cesare, principe della gioventù, nipote di Augusto. Sul lato opposto della basilica (Verso Ovest), osserviamo l'avanzo delle fondazioni in tufo di una puteale circolare, dedicata a Venere; è un rifacimento, di età imperiale, di una costruzione più antica, eretta nel punto ove la Cloaca Massima entrava nel Foro. La Curia A Ovest delle rovine della basilica, al limite del Foro, s'innalza la facciata dioclezianea, in cortina di laterizi, della Curia, ove si riuniva il Senato. Fu fondata, secondo la tradizione, dal re Tullio Ostilio (Curia Hostilia), rifatta da Silla (Curia Cornelia), poi da Cesare (Curia Julia) e infine, dopo l'incendio sotto Carino (283), da Diocleziano. Al tempo di Onorio I venne trasformata in chiesa (dedicata a S. Adriano) L'esplorazione della Curia, identificata nel 1883 da R. Lanciani, fu iniziata nel 1900 da G. Boni, ripresa nel 1931 sotto la direzione di A. Bartoli, e ultimata nel 1937, demolendo interamente la chiesa di S. Adriano e ripristinando l'antico edificio. La facciata ha ripreso, cosi, l'aspetto primitivo. La porta è una copia dell'originale, tolta dal Borromini e messa in opera in S. Giovanni in Laterano. L'interno e costituito da un'unica sala rettangolare; sui due lati, tre bassi ripiani rivestiti di marmi rari per i seggi dei senatori (le votazioni si facevano per secessimiem: i favorevoli da una parte, i contrari dall'altra); un ripiano per la presidenza e un piedistallo per il simulacro della Vittoria, causa di famose contese alla iine del IV secolo, tra senatori pagani e cristiani. Due porte si aprono nella parete di fondo, 3 nicchie su ciascun lato. L'aula, che aveva la capacita di 300 posti, continuò a servire per le adunanze anche quando, nel VII secolo, fu trasformata in chiesa, fino a che, nel XII secolo, si dovette rialzare il pavimento, prima di 3 m, più tardi di altri 3 metri e, nel secolo XVII, di un ulteriore metro. La Curia aveva alcune dipendenze: la principale era la Segreteria o Secretarium Senatus, unito alla Curia da un portico, Atrium Minervae, distrutto nella 2e meta del XVI secolo, quando gia sul Secretarium era stata eretta la chiesa di S. Martina. Dietro la Curia, era il Chalcidicum, cortile rettangolare porticato, per il ricevimento degli ambasciatori. Dinnanzi alla Curia si stende il Comitium, il piazzale ove si tennero le riunioni elettorali del popolo, finché Cesare, quando cambiò l'orientazione del Foro, non destinò loro un luogo più adatto nel Campo Marzio. Sotto il pavimento di travertino sono resti del comizio repubblicano di tufo e il fondamento semicircolare dei rostri antichi, che furono da Cesare trasferiti sulla nuova piazza del Foro (leggi più avanti). Provvisoriamente sono stati messi al riparo nella Curia i Plutei Traianei (Anaglypha Trajani), i due grandiosi parapetti scolpiti che pare decorassero la tribuna dei Rostra. Le facce ove i bassorilievi sono più grandi erano quelle rivolte verso il Foro, e quindi destinate a essere viste più da lontano di quelle rivolte verso la piattaforma dei Rostra. Sulle prime sono rappresentate a rilievo le vittime dei sacrifici solenni: un maiale, un ariete, un toro (suovetaurilia); sulle seconde, due fatti gloriosi della vita di Traiano, e cioè l'institutio alimeretaria a favore dei bambini poveri e orfani e la distruzione dei registri delle imposte arretrate dovute dalle citta italiche. Gli sfondi architettonici riproducono il Foro all'apogeo del suo splendore: secondo alcuni studiosi, nel primo rilievo si vedono i monumenti del lato Nord: Basilica Emilia, Curia, con la via Argiletum nel mezzo, e un arco; nel secondo, gli edifici dei lati Ovest e Sud: Tempio di Vespasiano, Tabularium, Tempio di Saturno, Basilica Giulia. In entrambi è raffigurata la statua di Marsia con l'otre sulle spalle. Secondo altri studiosi, invece, i due sfondi architettonici raffigurerebbero solo il lato Sud del Foro, e il iico sacro con la statua di Marsia, ripetuta com'è, rappresenterebbe il punto di congiunzione delle due parti. In base a tale interpretazione mentre i monumenti raffigurati nel 20 pluteo sarebbero gli stessi, nel 10 si vedrebbero la Basilica Giulia, il Tempio dei Dioscuri e l'Arco di Augusto. Di fronte alla Curia, sul lato opposto del Comitium, una bassa tettoia ripara un complesso di monumenti antichissimi, la cosiddetta Tomba di Romolo, scoperta nel 1899 dal Boni. Alla superficie, è una lastra quadrata di marmo nero (tapis niger). Sotto, scendendo una scaletta, si vedono due basi di tufo modinate, che dovevano sostenere due leoni accovacciati e appartengono a un'antica costruzione, probabilmente funebre. A destra, dietro un cono di tufo, un frammento di piramide con un'iscrizione bustrofeda (cioè scritta da sinistra a destra e viceversa) a grossi caratteri arcaici: è probabilmente una lex sacra, cioe un divieto di profanazione del luogo ed è la più antica iscrizione latina che si conosca, forse risalente al periodo regio. Purtroppo, porta tracce di devastazione, forse di quella che ebbe luogo durante l'invasione gallica del 387 a.C. Il tapis niger fu posto in occasione della trasformazione del Foro sotto Giulio Cesare, per segnare il luogo venerato e considerato dalla tradizione come tomba di Romolo o di Faustolo o di Osto Ostilio. Arco di Settimio Severo A Ovest s'innalza grandioso l'Arco di Settimio Severo, a tre arcate intercomunicanti, eretto nel 10° anniversario dell'ascesa al trono di Settimio Severo (203). Durante il medioevo fu incorporato in altri edifici e a ciò si deve il suo buon stato di conservazione. È uno dei più grandi archi esistenti, alto 23 m e largo 25, bello soprattutto architettonicamente, per l'armonia delle proporzioni; invece la decorazione in bassorilievo è troppo pesante. L'iscrizione sulle due facce dell'attico magnificava in un primo tempo le vittorie sui Parti, gli Arabi e gli Adiabeni (abitanti dell'antica Assiria) riportate da Settimio Severo e dai suoi due figli Caracalla e Geta. Ma quando nel 211 Caracalla uccise Geta, e ne fece cancellare il nome da tutti i monumenti, la quarta linea d'iscrizione fu scalpellata anche se le vecchie parole si possono decifrare seguendo i buchi lasciati dai perni delle lettere. I quattro rilievi sopra i fornici minori rappresentano episodi delle tre guerre condotte da Severo: nei fregi piccoli è raffigurato l'omaggio dei popoli orientali a Roma, sui piedistalli sono scolpiti barbari condotti prigionieri. L'attico era sormontato da trofei e, nel mezzo, dal gruppo de1l'imperatore coi figli su una sestiga, il tutto in bronzo dorato. Una scaletta conduce a cinque camere contenute nell'interno dell'attico. Il selciato sotto il fornice mediano è resto di una strada del basso Impero. A destra dell'Arco, la base della statua equestre dell'imperatore Costanzo, innalzata nel 353 da Nerazio Ceriale, prefetto di Roma. A sinistra (S) dell'Arco, i Rostra, piattaforma alta circa 3 m, lunga 24, larga 12, sostenuta da un muro di blocchi di tufo, completato dal Boni. Era la tribuna degli oratori, qui trasportata dal Comitium, allorché Cesare nel 44 a.C. sistemò il Foro. La costruzione originale, antichissima fu decorata nel 338 a.C. coi rostri, cioè con gli speroni delle navi tolte ad Anzio. Dalla piattaforma, di età adrianea, si innalzavano colonne onorarie. Dietro la piattaforma sono visibili resti della fronte circolare, di età augustea. Il parapetto era forse ornato con i plutei di Traiano. Sul lato destro, i cosiddetti Rosita Vandalica, ampliamento eretto circa il 470 dal prefetto Glunio Valentino per celebrare una vittoria navale sui Vandali. Accanto ai Rostra, verso l'Aroo, è una base circolare che sosteneva l'Umbilicus Urbis, centro simbolico di Roma. Vicino, coperto da tettoia, il Volcanale, o ara di Vulcano, costituita dalla roccia viva levigata e dipinta in rosso intorno, mentre la parte superiore è stata lasciata scabra allo stato naturale. Era uno dei più antichi santuari di Roma, dell'epoca regia; l'età imperiale vi aggiunse un'ara marmorea, ornamenti, epigrafi. A sinistra dei Rostra era il Miliarum aureum, la colonna marmorea, rivestita di bronzo, innalzata da Augusto per segnare il punto di partenza ideale di tutte le grandi vie imperiali; essa portava in lettere dorate la distanza tra la capitale e le principali citta dell'impero. Nei pressi era anche la colonna rostrata eretta in onore di C. Duilio dopo la vittoria di Milazzo sui Cartaginesi. Di fronte ai Rostra si stende la PIAZZA DEL FORO, quasi rettangolare, con lastricato di travertino, di età augustea (restaurato), e i resti di interessanti monumenti. Volgendo le spalle ai Rostra, e procedendo lungo l'asse del Foro, si trova a destra la Colonna di Foca, eretta nel 608 da Smaragdo, esarca d'Italia, all'imperatore d'Oriente Foca. La colonna scanalata e di belle proporzioni, proveniva da un edificio del I-II secolo porta una iscrizione adulatoria e fu l'ultimo monumento onorario eretto nel Foro; rimase sempre visibile, anche nei periodi di massimo interramento della valle. Dietro la colonna, un puteale al centro di uno spazio irregolare indica il sito del Lacus Gurtius, ultimo avanzo dell'antica palude del foro. Prese il nome da M. Curzio che, secondo la leggenda, si butto armato e a cavallo nella voragine ivi apertasi, la quale, secondo l`oracolo, si sarebbe richiusa solo se vi si fosse buttato quanto Roma aveva di più caro. A sinistra, una balaustra circonda il terreno ove sorgevano il fico sacro, l'ulivo e la vite simbolici. Accanto erano stati collocati provvisoriamente i Plutei di Traiano, ora nella Curia. Verso l'Arco di Settimio Severo è una base, ornata di rilievi con rappresentazione dei suovctaurilia, resto dei decennali di Diocleziano (303). Altri blocchi vicini appartengono a un monumento innalzato ad Onorio; un'alta base era dedicata a Stilicone, vincitore di Radagaiso a Pollentia (403) col nome abraso del generale, caduto in disgrazia e ucciso. Dietro la colonna di Foca, dopo il Lacus Gurtius, sulla destra, si vede il nucleo del basamento della colossale statua equestre di Domiziano, eretta dopo la vittoria dell'imperatore sui Germani (91). La statua, nominata da Stazio, fu abbattuta subito dopo la morte dell'imperatore, per la condanna inflittagli dal senato; nel basamento si vedono i grossi incastri di tre zampe del colossale cavallo, che aveva evidentemente la quarta sollevata. Subito dopo è la traccia di un fondamento quadrilatero, probabilmente della statua equestre di Costantino. Sul margine destro (S) della piazza del Foro si allineano 7 basi di laterizi, gia rivestite di marmi, del tempo di Diocleziano; sulle prime due sono state ricomposte due colossali colonne di granito e di pavonazzetto, con i frammenti scoperti nel 1873. Sulla destra (S) delle 7 basi, corre il lastricato a selci poligonali della Sacra Via, che traversa il Foro da Est a Ovest ed ebbe nome dai santuari che la fiancheggiavano e dalle processioni che la percorrevano. Basilica Giulia Al di là della Sacra Via limita il lato Sud del Foro la Basilica Giulia, eretta da Giulio Cesare (55-44 a.C.) al posto dell'antica Basilica Sempronia, finita da Augusto e dedicata alla famiglia imperiale Giulia. Serviva all'amministrazione della giustizia. Dopo l'incendio sotto Carino (284), fu restaurata da Diocleziano, poi da Vettio Probiano (377). L'edificio, rettangolare (metri 49x101), tutto rivestito di marmi, si componeva di un'aula centrale, circondata da una galleria sorretta da pilastri, di cui si vedono i resti (in gran parte restaurati); il lato verso la Sacra Via era preceduto da un portico. Sul pavimento di marmo di questo e dell'aula sono visibili, incise a graffito, alcune tabulae lusoriae (tavole da gioco), passatempo degli oziosi dell'epoca. ll pavimento a mosaico e il pilastro di travertino che si innalza nel mezzo della fronte principale sono ricostruzioni, non troppo esatte, di L. Canina. La basilica era completamente isolata e circondata da strade. Sul lato Sud, in un largo ora seminascosto sotto il terrapieno di via del Foro Romano, erano le botteghe che sostituirono le vecchie gia al margine del Foro, distrutte per costruire la basilica. A Est corre il vicus Tascus, la strada che dal Foro portava al Velabro e al Tevere, forse così chiamata dai mercanti etruschi che vi avevano bottega: a Ovest il vicus di cui si vedono le selci poligonali (da questo lato, nel medioevo alcune arcate residue della basilica furono trasformate nella chiesa di S. Ilaria). All'angolo NO della basilica, all'incontro della Sacra Via col vicus Jugarius, è un grosso fondamento di calcestruzzo, ritenuto base dell'Arco di Tiberio, innalzato nel 16 in onore di Germanico che vendicò Varo sconfiggendo i Germani. Tempio di Saturno Verso Ovest si vede una serie di archetti di tufo, costruiti per contenere la spinta del soprastante Clivo Capitolino. Al di là del vicus Jugarius s'innalza, grandioso sull'alto podio, il Tempio di Saturno, di cui rimangono 8 colonne di granito (6 di fronte e 2 nei fianchi) a fusto liscio e capitello ionico con architrave. Eretto dal console Tito Larcio e consacrato il 17 dic. 498 a.C., era uno dei più venerati monumento di Roma repubblicana, e i Saturnali, la sua festa anniversaria, erano una delle celebrazioni più caratteristiche. L. Munazio Planco, generale di Cesare e console nel 42 a.C., lo ricostruì dopo il 30 a.C. col bottino della guerra di Siria; è di quell'epoca il podio di travertino. Fu ancora ricostruito nel IV secolo, dopo un incendio, ricordato nell'iscrizione del frontone. Era detto anche aerarium, perché vi si custodiva il tesoro dello Stato (Cesare, quando se ne impadronì durante la guerra civile, vi trovò 15000 verghe d'oro, 30000 d'argento e 30 milioni di sesterzi). Il tempio è isolato sulla salita del Olivus Capitolius, la via maestosa dei trionfi e delle processioni, che saliva dal Foro al Campidoglio. Nel luogo erano anche due alberi sacri, un loto e un cipresso, e vi sorsero le più antiche statue di eroi, come quella di Orazio Coclite presso il Volcanale. Si riattraversa nella sua lunghezza la piazza del Foro: a E, al di la della Sacra Via, i resti del Tempio di Giulio Cesare, eretto da Ottaviano nel 29 a.C. in onore del Divo Giulio, sul luogo ove (19 o 20 marzo '44 a.C.) era stato cremato il corpo di Cesare e M. Antonio ne aveva letto il celebre testamento. Il tempio era un prostilo esastilo ionico. Sulla fronte del podio, si trovava un emiciclo con un'ara rotonda al centro, indicante il sito del rogo; l'unico avanzo e il nucleo delfimbasamento dell'ara, con poche lastre del rivestimento marmoreo (capitelli e cornici). Di fronte al pronao era una terrazza a uso di tribuna, detta Rostra ad Divi Julii, ornata dai rostri delle navi egiziane catturate ad Azio da Ottaviano nel 31 a.C. (la parte anteriore è stata fedelmente restaurata nel 1933 dal Bartoli). A destra (S) del tempio, il basamento dell'arco di Augusto, a tre fornici, eretto o nel 29 a.C. in seguito alla vittoria di Azio, oppure nel 19 a.C., dopo il recupero delle insegne dai Parti. Su questo arco dovevano essere erano applicati i Fasti consolari o trionfali, cioè le liste dei consoli e dei trionfatori, incise su lastre di marmo: frammenti, trovati nel secolo XVI, sono nel palazzo dei Conservatori. Tempio dei Dioscuri Adiacente all'arco di Augusto, sull'asse della basilica Giulia e diviso da questa dal vicus Tuscus, sorge il Tempio di Castore e Polluce, o dei Dioscuri o dei Castori, eretto nel 484 a.C. dal figlio del dittatore Aulo Postumio, per sciogliere il voto fatto dal padre ai Dioscuri prima della battaglia del Lago Regillo contro i Latini e i Tarquini (496 a. G.). Secondo la leggenda, i Dioscuri apparvero sul campo per battersi a fianco dei Romani e, finita la battaglia, portarono a Roma la notizia della vittoria. Il tempio, un perittero di 8x3 colonne, con ampio pronao e scalinate d'accesso all'alto podio, fu rifatto almeno tre volte. Si sa di una ricostruzione di L. Cecilio Metello Dalmatico nel 117 a.C. e del1'ultima, al tempo di Augusto. A questa risalgono le tre magnifiche colonne corinzie scanalate, di marmo di Paro, con trabeazioni, che appartenevano al fianco Est del tempio e costituiscono oggi uno dei più caratteristici monumento del Foro. Al tempio, ove si adunava talvolta il senato, era annesso un ufficio di verifica dei pesi e delle misure. Ma le memorie più antiche dei Dioscuri sono conservate, al di la della strada che fiancheggia a Est il tempio, nel vicino Lacas Juturna; una vasca quadrilatera a gradini, con un nucleo centrale di forma rettangolare. È la fonte della ninfa Giuturna, evidentemente l'antica fontana di Roma, alle cui acque, secondo la leggenda, i Dioscuri, apparsi a portare la notizia della vittoria del Lago Regillo, v. sopra, furono visti abbeverare i cavalli. Gli scavi del 1901-02 rimisero in luce la vasca e i frammenti delle statue equestri dei Dioscuri, replica romana di opera della prima metà del V secolo a.C., attribuito a Pitagora di Reggio. Si osservi nel bacino il grazioso altare con iilievi di divinità (i Dioscuri, Giove, Leda, Elena) dei primi tempi imperiali, appartenente forse al vicino tempio. A Sud della fonte, è Pedicola di Giuturna, con un puteale dinnanzi e alcune iscrizioni che rendono certa l'identificazione dei luoghi. Il nome della ninfa è infatti ripetuto tre volte. Il puteale fu restaurato dall'edile curule M. Barbazio Pollione, al tempo di Augusto. A sinistra della fonte, un tratto della Nova Via, che sale in direzione Est verso l'altura della Velia, è interrotto dal1'0ratorio dei Quaranta Martiri, edificio del basso Impero, absidato, decorato da affreschi rovinatissimi dell'VIII-IX secolo, rappresentanti il supplizio dei martiri di Sebaste. Chiesa di Santa Maria Antiqua A Sud dell'oratorio, in uno dei punti più pittoreschi e appartati degli scavi, si trova la chiesa di S. Maria Antiqua, trasformazione di un edificio imperiale che (anziché biblioteca e archivio del tempio di Augusto, o Atrium Minervae) doveva far parte dei locali di accesso alla costruzione di Domiziano sul Palatino alle quali lo collegava una rampa. È il più importante e il più antico edificio cristiano del Foro. La consacrazione a Maria avvenne nel VI secolo e forse prima. Papa Giovanni VII (705-707) lo restaurò e decorò di affreschi; papa Zaccaria (741-752) e Paolo I (757-767) l'abbellirono, poi a cagione dei danni prodotti dai terremoti e dalle frane e fors'anche dai Saraceni, Leone IV trasportò la diaconia a S. Maria Nova. Sulle rovine della chiesa, abbandonata nel XIII secolo, sorse, a un livello più alto, S. Maria Liberatrice, rifatta nel XVIII secolo e, per essere priva di valore artistico, demolita (1901-02) per mettere alla luce gli avanzi della chiesa sottostante. S. Maria Antiqua, oltre ad essere uno dei più antichi esempi di trasformazione di edificio pagano in edificio di culto cristiano, presenta un altissimo interesse storico-artistico per la serie di pitture parietali che la ornano e che si presentano perfino in quattro strati sovrapposti. Passato l'ingresso, si entra in un vestibolo (A), avanzo di antico portico comunicante a sinistra con la rampa che sale al Palatino (B), quindi si penetra nell'atrio; segue il nartece, quindi l'aula a 3 navate, divise da due eleganti colonne di granito bigio per parte. Segue il presbiterio, circoscritto al muro dell'abside; a destra, e a sinistra di questo, trovasi una cappella, in corrispondenza di ciascuna delle navate laterali. L'atrio occupa il posto del peristilio di un edificio del tempo di Caligola, ornato da un grande bacino (piscina), di cui si vede il prolungamento a destra fino nell'aula. Volgendo a sinistra, si trova quasi subito un frammento delle pitture che decoravano il muro; vi sono rappresentate S. Agnese, S. Cecilia e una terza santa che non si riesce a identificare. Sulla lunga muraglia di sinistra, oltre a tracce di pitture svanite, si legge il nome del committente, l'abate Leone. In una nicchia semicircolare era dipinto S. Erasmo e subito dopo, in un'altra, è la testa barbata di S. Abaciro. Nel muro destro dell'atrio, compaiono resti appena visibili di pitture; soltanto presso l'angolo verso l'ingresso si può vedere Cristo tra due angeli e il donatore. Segue un personaggio dal nimbo quadrato (e cioè ancora in vita quando fu eseguita la pittura) presentato a Maria seduta tra due pontefici. E il ritratto del papa committente: forse Stefano II (752-757) o Adriano I (772-795); a ogni modo le pitture appartengono alla seconda metà dell'VIII secolo Dall'atrio, attraverso il breve nartece, si passa nell'aula. La navata mediana (C) era quasi interamente divisa da un recinto rettangolare, di cui si vede ancora la parte inferiore della balaustrata. Era la schola cantorum, riservata ai cantori. Verso il centro, un poco a sinistra, era 1'ambone, di cui resta (ora nella navata sinistra) la piattaforma ottagonale che reca alle due estremità la scritta in greco, ripetuta in latino: Giovanni servo della Madre di Dio (papa Giovanni VII). La navata sinistra (D), che comunica con l'atrio per una porta presso la quale è deposto un sarcofago pagano ornato di maschere, è decorata da tre serie di pitture, che coprivano i due muri d'angolo tra le porte e tutta la superficie del muro fino al presbiterio. Le due serie superiori rappresentavano scene del V Testamento, quella inferiore Santi ai lati del Salvatore. Al di sotto è un drappeggio dipinto. Fra le scene del V Testamento sono riconoscibili il sogno di Giacobbe, la lotta di Giacobbe con l'angelo, le storie di Giuseppe, fra le quali: Giuseppe estratto dalla cisterna e venduto dai fratelli a un mercante amalecita, Giuseppe e la moglie di Putifarre, Giuseppe condotto in prigione, ecc.; ciascun soggetto ha una didascalia in latino. Nella serie inferiore, al centro, Cristo con nimbo cruciforme è seduto sopra una cattedra coperta di porpora, in atto di benedire con la destra, mentre con la sinistra tiene un libro. Ai lati, santi in ricchi costumi bizantini; quelli a destra del Salvatore appartenenti alla Chiesa di Occidente, quelli a sinistra alla Chiesa di Oriente. I nomi, scritti in greco, sono dipinti in bianco verticalmente fra ciascun santo. Traversando il nartece si passa nella navata destra (E), che aveva anch'essa il muro coperto da pitture delle quali resta solo qualche frammento. In una nicchia, la Madonna col Bambino sulle ginocchia, seduta fra S. Anna, con Maria bambina e S. Elisabetta con S. Giovannino. All'ingr. del presbiterio, su un muro che forma il prolungamento della schola cantorum, rimangono in parte due scene bibliche dipinte: a destra, il re Ezechia disteso sul letto di morte e il profeta Isaia in atto di annunziare; David e Golia già caduto. Sul pilastro, che forma l'ingresso da questo lato alla schola cantorum, è un gruppo, in gran parte sparito, che rappresentava Salomona, la madre dei Maccabei, coi 7 figli ed Eleazaro, loro padre. Sul pilastro opposto, a sinistra, nell'angolo della navata mediana, l'Annunciazione e, a lato di questa, S. Demetrio. Nel lato opposto dello stesso pilastro, Cristo tra la Vergine e il Battista. L'abside ha il pavimento in opus aleaxandrinum, a rosoni e disegni geometrici che posa su un pavimento più antico in opus spicatum di eta imperiale. Nell'abside, si riconosce Cristo in croce, col nimbo crucigero; ai lati, cherubini e angeli adoranti; al disotto, in lettere bianche su fondo rosso, passi biblici relativi alla Passione. Ancora più sotto, gruppi di uomini e di donne adorano la croce. Nell'abside propriamente detta era rappresentato Cristo benedicente, con il libro dei Vangeli sulla sinistra: da ciascun lato, le teste alate dei quattro simboli degli Evangelisti. Alla destra di Cristo, la Vergine presenta Paolo I (committente delle pitture) col nimbo quadrato e l'iscrizione: Sanctissimus pp. romanus. Nel muro di sinistra del presbiterio era un gruppo di pontefici e di santi, fra i quali sono stati riconosciuti i Ss. Agostino e S. Basilio. Sotto si leggeva l'iscrizione: sanctae Dei [genitrici] sem [pergue] virgini Mariae. Nell'abside sono tracce di più strati di pitture sovrapposte; esse dovettero succedersi rapidamente a causa della forte umidità che le deteriorava. Tuttavia si possono includere in un periodo che va dal VII al X secolo I muri laterali del presbiterio erano ornati da scene della vita di Cristo. A sinistra, presso l'angolo, un'Epifania e, sotto, Cristo che sale il Calvario preceduto da Simone il Cireneo che porta la Croce. A destra, Cristo con gli Apostoli. Nei muri laterali erano sei medaglioni con gli Apostoli. Dall'abside si passa nella cappella destra (F), con pitture in cattivo stato. Vi era una serie di santi coi nomi scritti in greco. Passando di nuovo avanti all'abside si entra nella cappella sinistra (G), con pitture meglio conservate. Nella nicchia di fondo, la Crocifissione; sul davanti è ancora la base dell'altare rettangolare. Cristo veste il colobium e il corpo è fissato con quattro chiodi, uno per ciascuna mano e uno per ciascun piede. Ai lati della croce il sole e la luna; a destra la Madonna, a sinistra, S. Giovanni; ai piedi della croce, Longino fora con la lancia il costato di Gesù; dall'altro lato un soldato gli presenta la spugna intrisa di fiele (notare i nomi in latino). Da ciascun lato della nicchia, un palmizio coi frutti. Sotto la nicchia, frammemto di Madonna col Bambino seduta tra i Ss. Pietro, Giulitta, Paolo e Quirico. All'angolo sinistra, il papa Zaccaria, ancora vivente, come dimostra il nimbo quadrato; all'angolo destra un personaggio offre la chiesa da lui fatta restaurare e decorare. Un'iscrizione indica essere egli Theodotus, primicerio degli avvocati e amministratore della diaconia, Sancta Maria quae ooeatur antiqua. Devoto dei Ss. Quirico e Giulitta, egli fece restaurare questa cappella ai tempi di papa Zaccaria e vi fece dipingere le storie dei due santi. Infatti sul muro sinistra entrando comincia la passione di S. Giulitta e di Quirico, martiri a Tarso di Cilìcia. La serie dei quadri continua sulle altre pareti della cappella; nella parete a destra è Theodotus in piedi, con un cero in ciascuna mano, che presenta a Maria un fanciullo, mentre una donna presenta una fanciulla: sono Teodoto e sua moglie che pongono i loro figli sotto la protezione della Madonna, della quale hanno decorato la chiesa. Nel quadro a sinistra dell'ingresso e Teodoto che implora la protezione dei due santi reggenti la croce e la corona, emblemi del loro martirio. A destra è notevole il quadro con 4 santi, martiri ignoti, sopra il quale un'iscrizione dice che i loro nomi sono noti al Signore (sancti quorum nomina Deus seit). Traversando la chiesa diagonalmente, si va al principio della navata destra, ove è un sarcofago del principio del III secolo con l'iscrizione funebre di una Clodia Secunda, morta a 25 anni il giorno 17 giu. 207, dopo aver vissuto sette anni, sine quegella (in perfetta armonia), con il marito, centurione della X coorte urana. Dinnanzi e attorno alla chiesa si formò un cimitero al quale appartengono, oltre a numerose tombe terragne, alcuni sarcofaghi, tra cui notevole quello presso l'ingresso della navata sinistra. Vi sono rappresentati: Giona gettato in mare e poi corieato sotto la cucurbita; un'orante tra due alberi di olivo; il defunto seduto che legge le sacre scritture; il buon pastore; il battesimo di Cristo e due pescatori che traggono la rete coi pesci, simbolo della predicazione evangelica. Una porticina laterale (H) conduce, dalla navata destra, nel cosidetto "Tempio di Augusto". Probabilmente era invece dei locali d'accesso alle costruzione domizianee sul Palatino, rimaneggiato al tempo di Adriano; comunque ci sono argomenti precisi per escludere che fosse un tempio. Presso il lato Sud di questo locale si trovano avanzi degli Horrea Agrippiana, cioè dei magazzini o granai eretti da Agrippa, passati poi in amministrazione alla chiesa, quando una parte delle costruzione fu occupata nel VII secolo dalla chiesa di S. Teodoro. Si ritorna all'Arco di Augusto, e si prosegue verso Est a sinistra, le fondamenta della Regia, secondo la tradizione casa di Numa Pornpilio, poi residenza del Pontefice Massimo, distrutta da un incendio nel 36 a.C. e ricostruita dal pontefice Gneo Domizio Calvino. A questa ricostruzione appartengono i ruderi di stile più raffinato; gli altri ad una ricostruzione posteriore, fatta da Settimio Severo. Nella Regia si trovava l'archivio degli atti dei pontefici donde venivano tratti gli Annales, cronaca annalistica degli avvenimenti pubblici; sulle pareti si affiggevano i calendari e altri elenchi ufficiali. Vi era inoltre il sacrario di Marte, con gli amcili, o scudi, che si dicevano piovuti dal cielo, e le lance che oscillavano nell'imminenza di una guerra. È discusso, invece, se vi fossero anche i Fasti Gonsolari e i trioniali. Casa delle Vestali Di fronte alla Regia si stendono, a destra, le rovine del Tempio e della Casa delle Vestali, le vergini custodi del fuoco sacro a Vesta, riunite in un Collegio di sei sacerdotesse, fondato, secondo la tradizione, da Numa Pompilio., Il tepibio, circolare, in origine di paglia e vimini, ebbe tutta una serie di ricostruzioni, l'ultima sotto Settimio Severo, dopo un incendio del 191. Chiuso da Teodosio nel 394, esso andò in rovina nel secolo VII. Le parti rinvenute (il basamento circolare e alcuni frammenti dell'ultima ricostruzione) sono state parzialmente completate dal Bartoli (1930). Era un perittero corinzio a 20 colonne; nell'interno vi era soltanto il focolare, per cui l'edificio più che un tempio era un aedes, una trasformazione della circolare capanna preistorica. Lo spegnersi della sacra fiamma era ritenuto segno di sventura per Roma e la Vestale responsabile veniva flagellata dal Pontefice. Nel pavimento si vede la fossa in cui si raccoglievano i resti del fuoco e dei sacrifici, che ogni anno, il 15 giugno, venivano portati in processione e gettati nel Tevere. In una nicchia era il reliquiario delle cose "fatali" cui si attribuiva la fortuna di Roma (tra esse, il Palladio di Troia). Tra il tempio e la casa è un'edicola ionica (restaurata nel 1898), eretta, secondo l'iscrizione, dal Senato e dal popolo e che conteneva probabilmente una statua di Vesta. In quest'area è stato riportato in luce un pozzo profondo 8 metri, riempito in antico con frammenti fittili: una pietra da macina, ossa di animali e altro materiale arcaico, che prova come il Foro fosse abitato nell'VIII secolo (epoca della leggendaria fondazione di Roma), quando una parte di esso serviva ancora come necropoli. Per alcuni gradini si sale nell'atrio della Casa delle Vestali, ricostruita da Nerone dopo l'incendio del 64 e in seguito più volte restaurata e ampliata. L'atrio serviva per la ricreazione delle Vestali, che uscivano dalla Casa solo nelle solennità. Era rettangolare, circondato da un portico a due piani, abbellito da fontane e coltivato a giardino, di cui le aiuole moderne ripetono il disegno; forse nel mezzo era piantato un simbolico boschetto, avanzo dell'antichissimo lucus. Intorno, basi e statue onorarie di Vestali celebri con la caratteristica acconciatura: i nomi risalgono al periodo 201-364; uno, scalpellato in seguito a damnatio memoriae, era forse quello della vestale Claudia, che si fece cristiana (le migliori sculture sono state portate al Museo Nazionale Romano). La statua maschile barbata e probabilmente il ritratto ideale di Numa Pompilio. In mezzo all'atrio tre bacini ripristinati dal Boni, che servirono, in età diverse, per raccogliervi l'acqua destinata agli usi sacri. Nel fondo e una grande edicola per contenere le statue di divinità e di personaggi della famiglia imperiale; le stanze servivano forse da magazzino degli arredi sacri. Nei lati lunghi dell'atrio si aprono le celle delle vestali (due, nell'ala Sud, hanno conservato il bel pavimento musivo marmoreo) e altre camere per uso di bagno, cucina, cantina e dispensa; in una si vede un mulino, che serviva per confezionare una specie di pane di farina di spelta con sale (mola salsa), che veniva offerto ai magistrati dello Stato in occasione delle Vestalia. Una scala dietro il tempio lo mette in comunicazione col palazzo imperiale sul Palatino, a ridosso del quale si appoggia un'ala della casa delle Vestali. A Est della casa delle Vestali si stende, fino all'Arco di Tito, un complesso di edifici di varia epoca, non bene definiti, limitati a sinistra (N) dalla Sacra Via e a destra (S) dalla Nova Via, che seguita dietro la casa delle Vestali. Essi facevano parte, in origine, di un grande portico a pilastri di travertino, eretto da Nerone per fare da vestibolo alla sua Domus aurea dalla parte del Foro. Dopo la morte del tiranno il portico fu diviso da Domiziano in tante taberne che presero il nome di H orrea piparitaria et margaritaria. Proseguendo lungo la fronte della Regia, si ritrova la Sacra Via. Quasi di fronte, la grandiosa facciata del Tempio di Antonino e Faustina, eretto per decreto del senato alla divinizzata moglie di Antonino Pio (m. 141) e dedicatole con l'iscrizione: DIVLE FAUSTINLE EX S[enatus] C[onsulto]. Dopo la morte di Antonino (161) il tempio fu dedicato anche a lui, premettendo all'iscrizione le parole: DIVO ANTONINO ET. È un edificio prostilo esastilo corinzio, con ossatura di peperino. Il podio è conservato per intero, ma la gradinata è quasi interamente di restauro; magnifiche le 10 colonne (6 di fronte e 2 in ciascun risvolto) monolitiche, alte 17 m, di cipollino. Le basi e i capitelli sono di marmo bianco, come pure la ricca trabeazione (il timpano fu abbattuto nel XIV secolo per restaurare coi marmi il Laterano); nei fianchi, il celebre fregio a grifi e candelabri, uno dei più bei saggi dell'arte decorativa romana, e che si prolunga sopra i muri della cella, già. rivestiti di marmo bianco. Nell'XI secolo il tempio, compreso il pronao, fu trasformato nella chiesa di S. Lorenzo in Miranda, cosi detta perchè in mezzo alle meraviglie del Foro oppure dal nome della fondatrice di un annesso monastero. Ma nel 1536, in occasione della visita di Carlo V, fu abbattuta per rendere visibile il portico. Nel 1602 fu rifatta, occupando la sola cella più la sopraelevazione della facciata. A destra del tempio, sotto una tettoia, un angolo dell'interessantissima necropoli arcaica (sepulcretam), cimitero delle popolazioni dei pendii dell'Esquilino o della città primitiva del Palatino. La sua suppellettile è all'Antiquarium Forense. Risale al periodo detto orientalizzante e alla prima eta del ferro (IX-VII secolo a.C.), cioè a un tempo che corrisponde più o meno alla data tradizionale della fondazione di Roma. Segue il piccolo sotterraneo di una casa repubblicana, quindi, ove la Sacra Via comincia a salire sulla Velia, sempre a sinistra, una rotonda, comunemente identificata con il Tempio del Divo Romolo, eretto da Massenzio in onore di suo figlio Romolo, morto fanciullo nel 307 e divinizzato. Probabilmente ancora incompiuto quando Massenzio rimase ucciso al Ponte Milvio, il tempio fu finito da Costantino e, secondo alcuni, dedicato alla Snom Urbe Roma. Il portale, formato da due colonne di porfido con architrave, tolte a un edificio più antico, ha ancora la porta di bronzo originale con la serratura funzionante perfettamente. L'edificio è fiancheggiato da due edicole absidate, ora in rovina; davanti a quella di destra, due colonne di cipollino. L'edificio retrostante, a pianta rettang., chiamato nel secolo XVII Templum Somme Urbis, poi identificato con il Tempio degli Dei Penati, eretto da Augusto e restaurato da Settimio.'Severo, è ora riconosciuto come ambiente della biblioteca del Foro della Pace di Vespasiano. Nel VI secolo esso fu trasformato nella chiesa dei Ss. Cosma e Damiano, di cui il tempio di Romolo formò il vestibolo. Girando lungo il fianco destro della chiesa, si vedono massi antichi incastrati nel muro e i buchi per le grappe che trattenevano lastre marmoree, sulle quali, al tempo di Settimio Severo, fu disegnata la Forma Urbis (la pianta di Roma antica), di cui una copia e frammenti sono nel palazzo dei Conservatori. Ripresa la Sacra Via, si lasciano a sinistra le colossali rovine della Basilica di Massenzio o di Costantino e la chiesa di S. Francesca Romana, e si giunge sull'alto della Velia: a destra, l'Arco di Tito; a sinistra il Convento di S. Francesca Romana, con un bel chiostro. Rifatto nel secolo XIII, poi ampliato dagli Olivetani, che vi fondarono una ricca biblioteca, e divenuto fiorente centro di studi (vi soggiorno più volte anche Torquato Tasso), fu quasi tutto indemaniato nel 1873. Ospita l'Antiquarium Forense (Museo del Foro): materiale delle esplorazione stratigrafiche del Foro, suppellettili rinvenute nelle tombe del sepulcretum, un modello (scala 1:10) dell'insieme (caratteristici gli ossuari a forma di capanna e alcuni cadaveri inumati entro un tronco di albero scavato; il materiale trova riscontro con quello delle necropoli Laziali dei Colli Albani), materiale scoperto dal Bartoli nel pozzo presso il tempio di Vesta, consistente in ossa di animali e suppellettile domestica de1l'v1II-VII secolo a.C., frammenti scultorei e architettonici di vari edifici del Foro, tra cui il pregevole fregio dell'interno della Basilica Emilia, con scene relative al mito di Enea e alle origini di Roma; un gruppo di sculture provenienti dalla Fonte di Giuturna, busti imperiali, statue di divinità... Arco di Tito Sull'alto della Velia, alla sommità della Sacra Via (in summa Sacra Via.), sorge l'Arco di Tito, eretto al tempo di Domiziano (o di Traiano) per ricordare le vittorie riportate sui Giudei da Vespasiano e poi da suo figlio Tito e culminate con la distruzione di Gerusalemme (nel 70), come indica l'epigrafe nel lato esterno: Senatus populusque Romanus divo Tito divi Vespasiani filio Vespasiano Augusto. Incorporato durante il medioevo nelle fortezze dei Frangipane e in parte rovinato, fu isolato parzialmente sotto Sisto IV e totalmente nel 1821 dal Valadier, che ne completo in travertino le parti mancanti. L'arco, di architettura armoniosa, a un fornice, rivestito di marmo pentelico, con colonne scanalate di ordine composito, è decorato da bellissimi bassorilievi. Nelle pareti dell'arcata, a destra, il corteo trionfale che precede l'imperatore portando come bottino di guerra le spoglie del tempio di Salomone: la mensa aurea, le trombe d'argento, il candelabro d'oro a sette bracci. A sinistra, la quadriga imperiale guidata da Roma e la Vittoria incoronante Tito; intorno, i littori con i fasci, vari personaggi e personificazione delle virtù. Nel mezzo della volta a cassettoni, apoteosi di Tito, portato in cielo da un'aquila. Nel fregio esterno è la pompa trionfale con gli animali del sacrificio, e vi si vede, sopra una lettiga, la figura accasciata del fiume Giordano, simbolo della Palestina sconfitta. Si può uscire dal Foro romano dal passaggio dietro l'Arco di Tito: si ha allora a sinistra l'altura su cui sorge il Tempio di Venere e Roma; di fronte, il piazzale del Colosseo. A destra, la via di S. Bonaventura, passando accanto a costruzioni di peperino attribuite al tempio di Giove Statore (secondo la tradizione fondato da Romolo), porta alla Vigna Barberini. Nel mezzo della vigna, la chiesa di S. Sebastiano al Palatino, o alla Polveriera (per depositi di polvere che vi furono posti accanto durante Foccupazione francese). Trattasi di un piccolo, suggestivo edificio, già parte di una grande abbazia benedettina, ove l'abate di Montecassino ebbe la sua dimora, e Gelasio Il fu eletto papa. Nel presbiterio, affreschi dell'XI secolo e interessanti riproduzioni di antiche pitture murali (notare, a destra, un San Sebastiano barbuto e anziano). Al termine della via, la chiesetta di S. Bonaventura. Dall'Arco di Tito si prende a destra (S) il Clivus Palatinus, si volta poi subito a destra e, per una gradinata, si sale sul Palatino. |
Arco di Costantino Arco di Settimio Severo Arco di Tito Arco di Tito (nel Foro Romano) Basilica Giulia Campidoglio Casa delle Vestali Circo Massimo Collegio Romano Colonna Aureliana Colonna di Foca Colonna Traianea Colosseo Colosseo Quadrato Curia nel Foro Romano Fontana del Gianicolo Fontana del Tritone Fontana della Barcaccia Fontana delle Api Fontana delle Naiadi Foro Romano Galleria Doria Pamphilj Obelisco Agonale Pantheon Piazza Colonna Piazza del Popolo Piazzale Flaminio Ponte Milvio Porta Asinaria Porta Maggiore S. Maria Antiqua San Giovanni in Laterano San Lorenzo in Lucina San Paolo fuori le Mura San Pietro Sant'Ignazio da Lojola Santa Francesca Romana Santa Maria del Popolo Santa Maria in Lata Santa Maria in Trastevere SS Carlo e Ambrogio Ss. Luca e Martina Tempio dei Dioscuri Tempio di Nettuno Tempio di Saturno Terme di Caracalla Via del Corso Villa Borghese Vittoriano via Appia |
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