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Fontana delle Naiadi Vista la necessità di fornire Roma di una maggior quantità di acqua potabile, il pontefice Pio IX (1846-1878) s'impegnò per la ricostruzione dell'antico acquedotto Marcio; al nome dell'acqua che trasportava, in onore di questo fatto, fu poi aggiunta la denominazione di "Pia". L'idea di ricondurre in città l'acqua come già era da Quinto Marcio Re (nel 144 a.C.), dall'alta valle dell'Aniene (presso Arsoli), apparterrebbe in realtà all'archeologo Luigi Canina, il cui progetto sarebbe stato poi eseguito dal suo discepolo Nicola Moraldi. Venne a tal scopo fondata la società privata "Anglo-Romana", poi denominata "Società dell'Acqua Pia Antica Marcia", il cui statuto fu approvato dal pontefice nel 1868. Fra le clausole veniva fissata, tra l'altro, in 99 anni la durata della concessione per lo sfruttamento dell'acqua (a partire dall'8 novembre 1865, data della costituzione della società e dell'inizio dei lavori), nonché la costruzione di una mostra (fontana che "mostra" l'acqua), «non minore di 300 oncie», entro il termine di tre anni, da realizzare nel Comune di Roma. La mostra, costituita da una modestissima vasca circolare a fior di terra guizzante di zampilli sovrastati da quello centrale più potente, priva di qualsiasi ornamento architettonico o scultoreo, venne inaugurata alla presenza del pontefice presso piazza Termini, dove invece si trova oggi il giardino pubblico con il monumento ai Caduti di Dogali. Nel 1885, con l'approvazione del Piano Regolatore e l'avvio di importanti lavori di ristrutturazione urbana, venne decisa la sistemazione della grande piazza dell'Esedra e fu stabilito che la definitiva mostra dell'Acqua Marcia dovesse sorgere al centro della piazza stessa, a sfondo dell'asse di via Nazionale. Fontana delle Naiadi a piazza Esedra Nel 1888, nell'area designata venne costruita l'attuale fontana su disegno dell'ingegnere Alessandro Guerrieri. Scrive Cesare D'Onofrio, che l'ingegnere voleva assolutamente rompere con i modelli della tradizione, e per quanto costruisse assai basso il grande bacino esterno, pose nel mezzo un insieme di piscine e vasche e piattaforme assai complicato e non del tutto felice. Anche per essere così complesso (contro l'insegnamento del Bernini), risultò troppo alto rispetto al punto di vista dello spettatore. Quanto alla decorazione con statue sulle quattro piattaforme, il Guerrieri aveva suggerito quattro modesti leoni di marmo: la proposta, benché respinta dall'apposita Commissione Edilizia, fu accettata tuttavia dal Comune tanto è vero che, in pochissimo tempo e utilizzando il gesso, vi furono messi in quello stesso 1888 per la visita a Roma dell'imperatore di Germania. Pensati come temporanei, vi rimasero invece per ben tredici anni! Gli amministratori capitolini si resero conto che tale mostra faceva una figura meschina di fronte alle grandiose mostre delle acque Felice, Vergine e Paola. Finalmente, dopo infinite discussioni e proposte, una commissione presieduta dallo scultore Giulio Monteverde approvò nel 1897 il progetto del palermitano Mario Rutelli, il quale, nella sua città natale, preparò e fuse i quattro colossali gruppi bronzei ognuno sdraiato su un animale acquatico che simboleggia l'acqua nelle sue diverse forme: la ninfa dei laghi, con il cigno; la ninfa dei fiumi, poggiata su un mostro fluviale; la ninfa degli oceani, detta "oceanina", che doma il cavallo selvaggio simbolo dei marosi; la ninfa delle acque sotterranee, sdraiata sul dorso di un mostruoso drago. Il gruppo centrale del glauco (alto circa 5 metri) fu aggiunto dal Rutelli nel 1912 e simboleggia la dominazione dell'uomo sulle forze brute della natura. È costituito da un uomo nudo, di struttura atletica, di ispirazione berniniana, che stringe tra le forti braccia un delfino, dalla cui bocca si eleva, altissimo, un getto d'acqua, pensato per ricadere sui numerosi zampilli laterali con magnifico effetto. Compiuta agli inizi del 1901 con la posa dei gruppi bronzei sulle rispettive piattaforme, la fontana rimaneva però ancora nascosta entro il recinto ligneo innalzato per la esecuzione dei lavori. La sera del 10 febbraio 1901 una piccola folla si avvicinò al cantiere e in breve tempo la recinzione venne abbattuta. Così le Naiadi apparvero in tutto lo splendore e dei loro nudi nessuno si scandalizzò mai perchè venne riconosciuto che la scioltezza dei movimenti di quei corpi contrasta con le linee severe della fontana e i rigidi profili del basamento. Anzi, nei giorni successivi, tra i visitatori illustri si registrò anche la regina Margherita: l'eco delle polemiche aveva suscitato la sua curiosità. Giunta in carrozza ordinò al cocchiere di fare il giro della fontana ben tre volte e ripartì mostrando un vivo compiacimento. Ma la fontana era ancora priva del poderoso glauco: al centro, tra la corona delle Naiadi il Rutelli aveva collocato uno strano e assai discutibile gruppo scultoreo costituito da tre tritoni, un delfino e un grosso polipo. Non piacque a nessuno. Infatti i romani lo definirono "fritto misto". E con tale denominazione è ancor oggi noto e visibile nei giardini di piazza Vittorio Emanuele, presso il ninfeo dell'acqua Giulia, ruderi poderosi del più antico esempio di mostra d'acqua. |
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