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Abbiate pietà di un povero sofferente

Gennaio - Giugno 2003


Prima

Ecco Ubi che, sfoggiando la sua migliore posa atletica, si lancia in un'esibizione da spiaggia nei pressi del mare.
Ecco Ubi che, per la gioia dei grandi e dei piccini, saltella come un grillo e si butta nella mischia senza timore alcuno.
Ecco Ubi che, galvanizzato dalla corroborante aria dei pini, giulivo e spensierato, parte per uno scatto da centometrista... parte?
Ecco Ubi che si accascia al suolo come un salame, o meglio ci si butta, per ragioni che i presenti ignorano.

Facciamo un passo indietro -proprio uno di numero- e vediamo con esattezza cosa gli è passato per la mente. Al momento del via, il prode spinge con forza sulla punta del piede sinistro, ma appena l'arto raggiunge la piena estensione, un suono misterioso giunge alle sue orecchie: STOK!
Direte voi: Ubi ha pestato un rametto e ha creduto di sentire il caricamento di un arma, quindi si è gettato a terra per non essere colpito dai feroci, misteriosi avversari gelosi del suo bellissimo sito. Geniale intuizione, ma siete fuori strada. Il vostro beneamato, invece, ha subito supposto che il tendine d'Achille si fosse sfasciato, e si è lasciato andare alla Madre Terra consolatrice.

Bianco come un cencio, verifica che questa volta si è sfasciato proprio per bene: tra il tallone e il polpaccio, manca l'esile ma fondamentale filo di raccordo. Avrei di gran lunga preferito un raffreddore, ma la sorte ha deciso che è venuto il tempo di fare sul serio...
La cosa sorprendente è che non ho sentito che un minimo dolore. Mi dicono che il dolore c'era, ma la reazione-chock mi avrebbe fatto sbiancare e consentito d'ignorarlo. Io pensavo che fosse dovuta all'aver capito subito di cosa si trattasse, in altri termini, alla strizza: non mi piace per niente l'idea di avere un pezzo disfunzionante e tantomeno un tendine fondamentale per camminare e correre. Oddio, sono vecchio!
Passata la preoccupazione iniziale, vengo caricato sull'auto da mia madre, che mi guarda con occhi sconsolati ("ma guarda che figlio scemo" -sembrano sentenziare saggiamente), e portato al Pronto Soccorso di Tarquinia, dove mi viene diagnosticata la fatale rottura totale del tendine. E' una "urgenza deferibile", un po' un controsenso; rifiuto il ricovero: dato che si prospetta una degenza lunga, preferisco essere a Roma vicino al mio PC e le altre inutilità che riempiono le nostre esistenze.
Continuo comunque a non sentire alcun dolore, curioso.

Arrivato a Roma, so che mi aspettano giorni e giorni a letto, dopo un'operazione che dovrebbe riattaccare il tutto. Vabbeh. Confesso di essere teso; la sola idea che aprano il mio sacro corpicino mi scuote. Preferirei essere chiuso in una stanza con cinque dobermann. Ma non mi risulta di avere alternative.


Dopo

L'operazione è quasi uno spasso.
Avviene il 1 luglio 2003. La mia prima operazione quasi seria.

Anni fa degli autentici macellai mi tolsero una cisti dal braccio, ma non fa testo; vidi anche l'operazione per i primi venti minuti ma mancai gli ultimissimi per svenimento: persi tanto di quel sangue per quella stupidaggine che dovettero sostituire il lenzuolo fradicio di liquido rosso. Ciononostante, non mi pare roba seria.

La sera prima passa l'anestesista che mi chiede se voglio la parziale o quella totale. Scelgo senza dubbio l'anestesia totale.
-Mi raccomando, dalla mezzanotte non deve più né bere, né mangiare.
-Che?! Ma sono l'ultimo per domani pomeriggio, ci arrivo morto!
Premetto che, non contenti della tortura, mi portano la cena "preoperatoria": minestrina. E basta.
Poi, l'anestesista scrive: trenta gocce di valium. Ricordo che, in un vecchio fumetto di Lupo Alberto, dieci erano già tante.
-Scusi, ma non sono un po' tante?- domando con innocenza.
-No, è una dose leggera che diamo sempre per precauzione.
Leggera un corno. Il giorno successivo, prese le gocce, mi ritrovo accanto alla sala operatoria con un un nuovo anestesista che mi deve svegliare due volte. Ogni volta che resto da solo, mi addormento.
Mi fanno un'iniezione e non ricordo bene che altro combinano, comunque mi provocano delle scosse al piede, tipo rana da laboratorio, che servono per vedere come reagisco. Se ricordo bene, stanno addormentando il nervo sciatico dal ginocchio in giù.
In sala operatoria, sento tutto pur senza soffrire:
-Mi scusi, ma è normale?- chiedo.
-Sì, certo, purché non senta dolore.
L'anestesista è gentilissimo e mi chiede continuamente se desidero qualcosa.
Sento i tre fili che mi vengono passati nel tendine per riattaccarlo, come pure la suturazione della pelle. Quando ricuciono il tendine tirano tantissimo, e anche per bucarlo con l'ago fanno una certa fatica; sento un medico che spiega a un altro (spero che mi stesse bucando quello che spiegava e non l'altro):
-Sì, devi usare molta forza, il tendine è tosto
Non posso comunque vedere nulla, perché l'operazione si fa a pancia in giù; peraltro c'è un telo che copre la scena: probabilmente, se pure fossi supino, farebbero in modo di escludere il paziente per evitarne l'agitazione.

Il decorso funziona così: un mese di gesso lungo -roba da martirio-, uno di gambaletto, infine uno di tutore. Scontati, tre volte venticinque giorni.
In ogni caso, si cammina dopo tre mesi ma bisogna aspettarne almeno cinque per accedere alla normalità. Intanto, imparo a farmi le iniezioni da solo (non sono le intramuscolo ma è già qualcosa): nei primi giorni è necessario un "antitrombolitico". A proposito... scaduta la prescrizione, alla visita dimentico di chiedere se serve ancora, quindi lascio perdere. La delicatezza è un tratto tipico della razza umana... ecco il commento di un tecnico di passaggio a casa per un piccolo lavoro:
-Ah, quelle?! Pensi che mio cognato è morto due giorni prima di togliere il gesso perché non le prendeva!
Adesso sì che sono tranquillo.

Il piccolo episodio è appena meno raggelante del commento pre-operatorio in reparto che qui riporto: -Ma non torna come prima, vero?- chiedo al dottore sognando che dica "può darsi", ma vengo subito freddato dal verdetto tombale:
-Nulla torna come prima.

Mi aspettava la Grecia a braccia aperte per riposare in bellezza ma temo proprio che non la vedrò... causa convalescenza: è la punizione divina per aver rinviato di troppo la scrittura di una nuova gazzetta, così ho colto l'occasione per scaricare su di voi, amatissimi lettori (ce ne sono ancora?), il peso di tante parole non dette... In realtà, premetto che non c'è molto di cui disquisire: in questi mesi, di ritorno dal bel giro tailandese, ho concentrato i miei sforzi sul lavoro, in attesa del compimento di grandi manovre interne. Nel momento in cui scrivo, SRD-ISP è stata risucchiata da "ET Software". C'è stato un intermezzo di stasi nel corso del quale ho rifatto da cima a fondo il sito RomaOnLine.net. Non è tra le mie competenze classiche, ma devo dire che non mi è dispiaciuto dare forma al portalone sulla capitale. Un vero bagno di sangue, ragazzi!... Decine e decine di pagine di codice organizzato in modo curioso, centinaia di pagine di contenuti da risistemare. Almeno ho imparato qualcosa sulla città.
Il resto riguarda pratiche di scarso interesse per il pubblico.


L'ospedale

Non ho nominato l'ospedale per una precisa ragione: temevo di poterne parlare male.
Devo dire che, sebbene la mia esperienza personale sia stata positiva per quanto riguarda l'operazione, per molti altri versi ho ricevuto una pessima impressione. Pensavo che tante cose fossero almeno migliorate nel corso del tempo, invece siamo ancora al Medioevo.

I discorsi degli infermieri sono terrificanti.
Vertono quasi esclusivamente sui favori che si sono scambiati, su quelli che non hanno ricevuto, sul troppo lavoro svolto -anche da quelli che passano il tempo seduti a far nulla-, su turni e orari, su chi comanda e chi non comanda. Il potere sembra essere il fulcro di tutte le discussioni.
Non hanno mai mostrato un minimo di interesse per la loro professione, né curiosità per imparare qualcosa di più; si ha le nettissima impressione che siano attaccati esclusivamente allo stipendio.
Ho visto due eccezioni in un reparto che ne contava forse una decina: un ragazzo decisamente attivo e una giovanissima infermiera continuamente preoccupata di sbagliare, al punto che il dottore, ad un certo punto, ha dovuto rassicurarla in una situazione peraltro piuttosto tranquilla. In quel momento, avevo la netta impressione che stesse tremando leggermente.
Un tizio accanto a me era stato svegliato a mezzanotte per un'iniezione. Ha dovuto essere lui a bloccare gli infermieri, perché il giorno dopo avrebbe avuto l'operazione e non poteva prendere quella medicina.
E così, tra storie di cartelle cliniche perse, scenate fatte da taluni a talaltri, pazienti che spariscono per ore senza che nessuno sappia in quale reparto sono, o a fare cosa, e altre simili piacevolezze, si ha la nettissima impressione che, prima o poi, qualcosa di grave deve succedere, perché così tante distrazioni e un così accentuato disinteresse non possono non trovare i loro apici drammatici.

Il trattamento che ho ricevuto al di fuori della sala sventramento non è stato idilliaco. Il primo gesso, quello postoperatorio, era un vero capolavoro e mi è stato fatto fare da uno specialista; purtroppo, è durato solo un giorno. Il secondo, quello lungo, mi è stato messo stringendo talmente forte sia il piede che il ginocchio, che ho dovuto limarne delle parti per il dolore che mi provocava.
Pur sapendo che avevo il tendine d'Achille rotto, in sala raggi mi hanno afferrato la gamba proprio per la terminazione del polpaccio, stringendo non poco; stesso trattamento mi è stato riservato nel passaggio dal gesso lungo a quello corto, nel quale, peraltro, il tendine non era affatto saldato.
Infine, una medicazione di controllo è stata effettuata senza infermieri: quel giorno, non ce n'era nessuno per l'ambulatorio d'ortopedia! La dottoressa era (giustamente) furiosa.



Altro...

Altri temi di rilievo? Oh, certo! Desidero follemente dipingere -mi passerà presto- e sto buttando quattrini nell'acquisto di libri d'arte che divoro uno dopo l'altro. Per ora leggo degli Impressionisti, Espressionisti e Simbolisti (in pratica, delle grandi correnti di fine '800).

Una nota riguarda una visita alla Galleria d'Arte Moderna -ragazzi, potessi andarci più spesso-, dove ho rivisto tele di grande fascino che avevo quasi scordato, e la mostra degli Iperrealisti al Chiostro del Bramante, un po' troppo costosa, peraltro. Questi ultimi mi lasciano un po' perplesso. In pratica, ripropongono restituiti con mostruosa precisione e verismo scene comuni come potrebbe fare una fotografia. Volendo essere più precisi, ripropongono quelle stesse scene che appartengono alla fotografia statunitense da una trentina d'anni, forse quaranta. Non che voglia fare il reazionario, ma non riesco ad esaltarmi per qualcosa che ho già visto per tanto tempo in un altro contesto, volontariamente ed esplicitamente copiato, cancellando per quanto possibile ogni forma d'interpretazione. Alcune tele sono molto belle e le vorrei avere in salotto, ma il principio generale non mi coinvolge...

Politica: c'è poco da dire e tanto da piangere: benvenuti nel mondo delle destre... e se vi piace così, tenetevelo pure!

Infine, consigli per i vostri futuri DVD (date sempre un'occhiata alla relativa sezione): guardate senza esitazione "Bowling a Columbine" di Micheal Moore, "Festa in casa Muppet" (qualche riserva su come quegli spilorci della Disney non abbiano nemmeno tradotto i contenuti speciali), "Mangiare Bere Uomo Donna".

dal vostro Ubi


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