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Ho fatto un sogno

La Gazzetta 2000, Febbraio 1-29

Oh, fedelissimi! Questa volta ho un mucchio di cose da raccontarvi, ma dato lo scarso tempo a disposizione, vabbeh, siamo alle solite, avete capito...

Dovete sapere, per cominciare, che sin dalla tenera età di dieci anni -sto approssimando perché non lo so nemmeno io con precisione- ho un rapporto alquanto anomalo con il mondo dei sogni. Forse anche per questo, in un momento ben più tardo della mia vita mi sono lasciato condizionare il cervello dal fumetto di Sandman.
Durante una delle mie rare dormite soddisfacenti, nella metà di questo mese, mi sono trovato sulla strada dei miei migliori ricordi (via Martano, a Tarquinia Lido), in compagnia di due fanciulle, S. e S.L. (le iniziali non sono collegate ai nomi reali) la cui presenza già mi assicurava uno spettacolo coi fiocchi.

La scena, dopo un trasferimento che ho smarrito, mi ha lasciato in compagnia di uno sconosciuto nei pressi di antiche rovine romane. Molti di voi sapranno che i sogni, dopo un certo tempo, sono permeati di una coscienza superiore in grado di emettere giudizi semi-lucidi e semi-logici su di essi: in questo caso, mi accorsi immediatamente di essere in un altro luogo vitale, ovvero l'ingresso di un sogno ricorrente dell'ultimo mio periodo da sognatore costante. Nelle puntate precedenti, la discesa nelle rovine, proibita, mi aveva condotto sempre più in profondità tra grotte e reperti, di almeno dieci livelli, con un saggio aumentare del senso di disagio e di pericolo, oltre ad un calo sensibile dell'illuminazione. In quei frangenti, i miei compagni mi abbandonavano dopo il terzo livello al massimo, dato che la discesa diveniva oggettivamente pericolosa e, spesso, implicava l'impossibilità di risalire per la stessa via.
Questa volta, il mio sconosciuto compagno mi ha seguito passo passo, anche se non siamo scesi di molti livelli, e la scena -complice il mio aumentato senso per il trionfalismo e il pacchiano nonché la recente costrizione a vedere più volte "La Bella e la Bestia", della Disney- ci ha condotti all'interno di un castello sotterraneo, con sale ampie e ben illuminate, armature lucide disposte a fare bella mostra di sé, broccati vari, contrapposti ad un misurato muro in grossi blocchi pietra grigia; classiche armi medievali erano disposte un po' dovunque.

All'inizio era divertente, specialmente quando, dopo che una voce nella testolina mi aveva avvertito dell'imminente pericolo che sarebbe scaturito dal toccare una magica coppa di bronzo sul tavolo di mogano, tre alabarde sono partite a razzo per colpirmi e le ho dovute schivare. Fragorosamente, con una lunga virata in aria, si sono schiantate su di un'armatura. Ha fatto seguito la comparsa di un curioso signore dall'aspetto triste, nonostante il suo palese tentativo di mostrarsi cordiale con noi. Il suo personale di grassoccio tarchiatello, se non altro, tradiva la perfetta ispirazione hollywoodiana del colossal in onda.
L'ospite ci offrì di stare in una stanza piuttosto spoglia, con due letti di quel tipo che si vedono nelle carceri dei film, senza porta. Affabilissimo, al punto che la mia attenzione si concentrò su di lui e non mi venne nemmeno in mente di chiedergli dove fossimo né perché, tantomeno cosa dovessimo aspettare. Continuamente, egli tradiva la sua sofferenza nel vederci lì e dalle sue parole indovinammo la sua obbedienza ad un qualche altro essere che dimorava nel castello. Dopo vari colloqui con questo cortese castellano, dei quali non so dare nota, la mia coscienza diurna nel sogno è salita di livello, avvicinandomi allo stadio di sogno pilotato.

Nella fase onirica intermedia, mi fu finalmente tutto chiaro: una presenza maligna, presumibilmente non corporea, dimorava nelle sale sotterranee, e l'ospite, suo servitore, già presagiva una nostra triste fine ed a questo era dovuto il suo scontento; allo stesso tempo, egli era costretto ad obbedire il suo signore senza riserve per risparmiare a se stesso un destino tragico. Bisogna dire che, più il tempo passava, più tutto questo veniva da lui malcelato, alché una sorta di complicità ci univa in quanto egli cercava,a tutti gli effetti, di avvertirci senza dirlo. Il procedere verso il sogno pilotato accelerò bruscamente quando, dopo una notte dormita nella nostra stanza, mi fu chiaro che la presenza insidiava la mente del mio compagno e desiderava impossessarsene; il nostro repentino tentativo di fuga ebbe un primo esito tragico: l'ospite tentò di fermarci ed il mio compagno lo colpì a morte con una stoccata al petto. Scivolando sul corpo del vincitore, l'ometto si limitò a bisbigliare, con un sorriso affaticato ma sincero sulle labbra, -Grazie!-. Riuscimmo a fuggire e presto fummo all'aperto, con il mio ultimo pensiero rivolto ai secoli di solitudine e coatto servigio del poveraccio al quale togliemmo la vita.

L'ingresso nella piena semi-coscienza del sogno avvenne in questo momento, anche perché il finale non mi aveva per niente soddisfatto. -Tutto qui?- mi dicevo. Placai la mia sete di una migliore conclusione quando, qualche mese dopo, mi trovai ancora con il compagno d'avventura in una gita tra amici presso un fiume. Io sguazzo in acqua ed egli mi guarda (camera circa due metri alle sue spalle, puntata su di me). Colto da un'inspiegabile incapacità di raggiungere la riva, annaspo e supplico il suo aiuto. Ma un sorriso malvagio ed alieno mi risponde dal suo volto, ed in un attimo capisco: io, unico testimone dell'esistenza di certi fatti, sto per annegare lasciando questo mondo, con suo grande appagamento.

A parte qualche eccessiva caratterizzazione, sono abbastanza soddisfatto e del copione e della regia. Il mio risveglio, in particolare, mi fece apprezzare il fatto che la maligna presenza, nella sceneggiatura, non aveva la pretesa di essere Satana in persona o altre diavolerie del genere, o il futuro dominatore del mondo. Semplicemente, un bastardo molto bastardo che aspettava di riappropiarsi di un corpo. Un'altra nota riguarda l'illuminazione, che in almeno nove sogni su dieci dei miei è sempre risultata insufficiente e cupa, con una pressoché totale assenza dei colori. A volte mi chiedo se il fatto di avere avuto la televisione in bianco e nero per tutti i primi anni della mia vita non abbia in qualche modo influito. Faceva eccezione un sogno ricorrente ambientato in luminosi esterni e un altro in notti buie ma coloratissime -guarda caso erano, entrambi, meravigliosi sogni di evasione dalla normalità-

Se questa gazzetta è stata occupata integralmente dal racconto di un sogno, non dovete stupirvene: un sogno ben architettato e soprattutto completo, vale quanto cento film, perchè la partecipazione emotiva dello spettatore è totale. Almeno, ogni sogno di un certo "peso" lascia in me un segno, in un modo o in un altro. Non siete d'accordo? Non che me ne importi molto.

Il divino signor Cthulhu ha cortesemente consentito ad introdurre nel suo sito un link al mio. Ringrazio vivamente questo personaggio dalle oscure origini, che in attesa di un terribile ritorno ai suoi pieni diritti sugli oceani e questa terra, dimora nel corpo di un esperto informatico. Quale migliore vista, sul modo di controllare e comunicare con gli uomini di questa era?

Omaggi alle signore

            Ubi


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