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Devo uscire dal mio loculo

La Gazzetta 1999, Ottobre 15-31

Risale a poco tempo fa il terremoto che ha colpito Taiwan, causando svariati danni agli abitanti e all'economia della regione; questo probabilmente lo ricordano tutti, come pure lo dovrebbe ricordare un tizio che ha inviato una mail su un newsgroup di informatici, chiedendo se il fatto avrebbe fatto schizzare il prezzo delle memorie. Al tizio veniva risposto, in men che non si dica, criticando la sua scarsa sensibilità, dato che si era preoccupato solamente del suo piccolo tornaconto. Lo stesso ha poi inviato una nuova mail scusandosi, e professando il suo dispiacere, cosa che prima non aveva manifestato per via del luogo non appropriato. Che c'entra con me?
C'entra, c'entra, perché da bravo spettatore della piccola vicenda nel newsgroup, mi sono accorto del fatto che io, saputo del terremoto via Internet, non ho neppure pensato al dramma che poteva esserci dietro. Non mi sono nemmeno preoccupato, visto un trafiletto, di farmi un'idea di cosa fosse successo. Non potevo nemmeno dispiacermi per le vittime, perché non sapevo se ve ne fossero o meno. Semplicemente, tra un sito e l'altro, un lavoro e l'altro, ho tralasciato di informarmi. Non è neppure venuta a galla quella morbosa, nauseante curiosità che ci prende quando una tragedia ci viene spiattellata per ore in TV al fine di alzare gli indici d'ascolto. Nada, niente, nothing, nisba! La diatriba sul newsgroup mi ha svegliato, mi ha fatto un po' vergognare, e infine mi ha chiarito come la mia finestra sul mondo si stia gradualmente distorcendo rispetto ad una prospettiva tradizionale, come finisco per visitare sempre gli stessi siti e curiosare sui medesimi fatti che, guarda caso, riguardano per lo più l'informatica. Chiuso in un arido loculo, direi...
Devo uscirne.

Per fortuna, domenica parteciperò a un bel pic-nic sull'erba causa compleanno di Luca, tipo meritevole, ricco di interessi mai soddisfatti ai quali comunque dedica, bisogna ammetterlo, notevoli energie, come alla comunità virtuale Imago che ha messo in piedi. Ma chi di noi ha tempo e modo di fare tutto ciò che vorrebbe per non frustrare i propri interessi? Se dovessi valutare il tempo che mi serve in una vita per fare ciò che vorrei, credo che questo sarebbe di trecento o quattrocento anni. Non male. C'è chi aspira all'eternità, personalmente anche un po' meno non mi farebbe schifo. Dubito che qualcuno sia vissuto abbastanza da essere certo che, ad un certo punto, subentra una noia mortale.

In questo momento è venerdì: mi aspettano la zuppa prima e il week-end poi. Il venerdì è una giornata niente male.

Prima di chiudere, ora che è lunedì, un aggiornamento sul famoso pic-nic: sono arrivato tardi e ho perso l'appuntamento, convinto che fosse mezz'ora dopo. Faccio pubblica ammenda. Anzi, ora che ci penso: bisognerebbe coniare il termine "internettica", quindi "faccio internettica ammenda", per distinguerla da "pubblica", "televisiva" e quant'altro.

A presto.


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