La rete da Far West che piace alle major
Si può sparare a piacere nel network? A quanto pare, negli USA piacciono ancora le "armi facili"


Non sono tempi facili per chi ha visto in Internet una terra libera e facile da colonizzare. Negli USA, una serie di leggi sta mettendo a repentaglio la facilità con cui i contenuti possono essere pubblicati in rete. Alcune sono già state approvate, alcune semplicemente proposte, ma già sembrano incontrare parecchi consensi al Congresso.

I guru di Internet e la comunità tecnico-scientifica in generale stanno opponendo una tenace resistenza alle nuove misure legali, tuttavia la difficoltà di far comprendere a tutti le loro conseguenze nel lungo termine è un'impresa ardua. In parole povere, il cittadino medio non sembra interessato alla questione.
Eppure sono già molti i ricercatori e le università che lamentano problemi di accesso alle risorse necessarie a fare ricerca, coperte da vincoli di copyright, brevetti, diritti d'autore, accordi di non rivelazione (brutta traduzione italiana per i famigerati "Non Disclosure Agreement"), e ora anche dal controllo sempre più stretto sui contenuti delle pagine web.

Per noi, considerare "fatti loro" questo insieme di problemi non è neanche prudente. Lo dimostra il caso di Dimitri Skylarov, un programmatore russo che ha sviluppato un software perfettamente legale nel proprio paese. Un'azienda americana lo ha poi commercializzato, e quando Dimitri è atterrato negli USA per ragioni di lavoro, si è visto mettere le manette dalle autorità e ha rischiato una condanna per venti anni. Ci sono voluti l'indignazione e l'impegno attivo di mezza comunità informatica americana per forzare le autorità a liberarlo dopo qualche mese agli arresti, durante parte dei quali non ha potuto nemmeno abbracciare i familiari. Quanti sviluppatori italiani potrebbero -magari senza saperlo- aver violato un brevetto e trovarsi nelle stesse condizioni?

Ma la proposta di legge che più spaventa è ora supportata dalle grandi case discografiche e cinematografiche, che stanno spendendo tutta la propria influenza per portare questa e altre nel codice legislativo. In pratica, la nuova legge consentirebbe, a chi trova del proprio materiale coperto da diritti d'autore presso un sito, di attaccare quello stesso sito Internet con gli strumenti tipici degli hacker. Una rete da Far West, insomma, nella quale ognuno avrà diritto a fare giustizia da sé, peraltro in palese violazione delle preesistenti leggi a difesa dei contenuti informatici. La normativa che vede nell'attacco di sistemi un reato grave, verrebbe quindi rilassata nel caso di pochi privilegiati che non avrebbero bisogno della forza pubblica per reclamare i propri diritti.

E' evidente non tanto la miopia del legislatore, quanto la volontà delle grandi aziende mediatiche di difendere oltre ogni ragionevole principio il proprio modello di business. Quali possono essere le conseguenze di questo modus operandi? Anzitutto, il potenziale danneggiamento di dati e siti informatici, che potrebbero anche essere di pubblicà utilità se non vitali. Un server su Internet può ospitare centinaia di siti, è possibile autorizzare qualcuno ad attaccarlo con il rischio di colpirli tutti? Il legislatore sa che non è possibile determinare cosa si trovi in un computer senza metterci fisicamente le mani, e che il danno può essere irreparabile dopo l'attacco?
Inoltre, si rende conto il Congresso che, in questo modo, una compagnia spalleggiata da bravi hacker può essa stessa inserire contenuti pirata in un sito "scomodo" senza lasciare tracce del proprio passaggio, per poi attaccarlo, rendendo praticamente chiunque si esponga su Internet un facile bersaglio legale? E che dire della facilità con la quale, con tale perverso meccanismo, si potrebbero colpire "piccoli" avversari politici e comuni utenti?

Non è questa l'unica legge che sta mettendo a serio rischio lo stato di diritto negli Stati Uniti, è tuttavia quella che meglio di ogni altra mostra la faccia più cupa del grande business, pronto a calpestare i diritti basilari della società per difendere i propri interessi. Tanto più che, dopo l'undici settembre, la mania del controllo sta facendo più danni che altro, e in un unico calderone sono state messe le questioni della sicurezza e quella della protezione delle opere a tutto vantaggio delle major. A peggiorare la situazione giungono gli ultimi dati sulla vendita di CD, ancora in calo fino al 7% annuo negli USA. La colpa viene addossata alla produzione di copie illegali e allo scambio di file su Internet. La RIAA, che associa le case di registrazione americane, è fortemente criticata sul web, in quanto esiste più di uno studio che dimostra come la circolazione dei file su Internet non abbia un vero effetto sulle vendite, laddove sarebbe la vendita di CD illegalmente copiati dagli originali, come avviene anche in Italia in ogni angolo di strada, la vera causa del calo-vendite.
Lo stesso sondaggio di mercato commissionato dalla RIAA conferma questa tesi, ma la volontà delle major sembra quella di colpire indiscriminatamente, forse in previsione di un futuro ancora più nero.

Probabilmente la rete non diventerà il Far West, perché sarebbe davvero difficile far passare una proposta simile in un ordinamento legislativo appena decente; tuttavia, molti esempi del recente passato non fanno dormire sonni tranquilli ai pionieri di Internet.



Back to my homepageIbidem, relative link
Torna alla homepageIdem, link relativo