Siete sul sito di Ubi, la presente continua il discorso intrapreso nella gazzetta del gennaio-aprile 2002


In altri termini, non c'è mai stata una politica americana che non fosse aggressiva e distruttiva, nemmeno con i democratici, né più e né meno come in Israele, con i governi più apparentemente pacifici, non si è fatto altro che riversare decine di migliaia di coloni nei territori arabi per prenderne gradualmente il controllo e sottomettere ogni forma di ribellione. L'intifada, che iniziò come lancio di pietre, è divenuta armata in quanto la più disperata forma di protesta non ha aiutato minimamente i palestinesi: mentre i benpensanti di mezzo mondo venivano commossi e organizzavano tavole rotonde, l'invasione dei territori non si è mai fermata e il mondo occidentale, pur spendendo milioni di parole a riguardo visto l'incredibile impatto che ebbe inizialmente l'intifada sull'opinione pubblica, non ha mai fatto nulla.

Solo gli ipocriti e gli imbecilli sostengono che i palestinesi possono ottenere qualcosa con il dialogo: non è servito in sessanta anni, anzi... è servito a tenerli buoni mentre venivano privati di ogni libertà, dei terreni, del controllo delle risorse idriche, dell'accesso al mare per i commerci, ecc... L'unica loro speranza risiede forse in un intervento dell'Europa Unita, quando avrà un peso e una linea ben definiti, essendo questa l'unica "nazione" non schierata contro il mondo arabo tra le grandi: sia la Russia che la Cina, è ormai ben noto, temono le istanze di libertà di quelle popolazioni sottomesse, arabe e non, che schiacciano da centinaia di anni e che non hanno mai avuto alcuna opportunità di reagire.

Le questioni sono strettamente correlate, in quanto Israele esiste su una terra sacra per tre religioni e senza l'apporto USA, o comunque di una grande potenza, Israele non esisterebbe affatto (i conti economici di Israele sono tra i più disastrosi che si possa immaginare, a causa delle spese militari). Il mondo arabo considera questo una specie di simbolo dell'atteggiamento occidentale nei propri confronti, ma ha ben chiare anche decine di altre questioni simili, che invece il pubblico occidentale ignora totalmente in quanto i media non le trovano interessanti, o non le vogliono trovare tali.

Mi piacerebbe far riflettere tutti su un paio di fatti eclatanti (ma sono sempre i fatti più palesemente preoccupanti quelli che la gente sottostima grazie ad una mirata manipolazione dell'informazione, che tende a sottolineare il particolare di cronaca e tacere le grandi cifre): Israele è grande quanto quanto la Puglia, mi diceva dieci anni fa un convinto sionista. Mi diceva anche, in altra occasione, che sono circa 30 milioni gli ebrei nel mondo (altre stime parlano di 13, 15, ecc..., in realtà, da questo punto di vista, i paesi dell'Est costituiscono una grande incognita). Questi dati sono più o meno realistici, non mi interesso nemmeno di controllare in quanto trattasi di ordini di grandezza corretti.

Adesso facciamo due più due:

C'è bisogno di aggiungere qualcosa? C'è bisogno di parlarne ancora?

Sono pietosamente indice di uno scarsissimo interesse per la realtà le affermazioni di tante persone che pure conosco che affermano che non c'è una politica dietro tutto questo, che la questione è più complessa, eccetera.
Con tutto il rispetto che posso avere per i loro ideali pacifisti, negli israeliani presi come complesso di votanti e menti non c'è nulla di tutto ciò.
Non c'è mai stato nemmeno quando governava il Likud.

Se pure gli israeliani interessati alla pace alla giustizia fossero una volta stati la maggioranza, la loro forza nel rivendicarle non è stata nulla rispetto all'arroganza dei loro governi e di quanti (minoranza o maggioranza?) hanno attivamente preso parte alla confisca e all'occupazione delle terre.
Le persone vanno giudicato singolarmente, ma uno stato va giudicato per quello che produce, non per ciò che, uno per uno, i suoi cittadini fanno.
Se siamo dieci e uno di noi aggredisce un passante e gli altri nove si limitano a giudicarlo male, domani l'uno ne aggredirà un altro e dopodomani un altro e così ancora per sempre. Questa è la storia di cinquanta anni di Israele: molti si riempiono la bocca di belle parole, gli altri proseguono l'opera di distruzione della Palestina indisturbati. Lentamente, perché se ne parli poco, ma proseguono.

Questa storia termina con l'elezione di un uomo corresponsabile di massacri di civili (Sharon), con la maggioranza degli israeliani dietro di lui. Che quindi, non possono più nemmeno trincerarsi dietro la condanna verbale di una minoranza.
L'uomo che avrebbe testimoniato contro Sharon a Bruxelles è "casualmente" saltato in aria poco tempo fa e poco prima di testimoniare. Una notizia che poteva avere un senso è durata un giorno e mezzo nei telegiornali, e nonostante questa palese benevolenza verso i crimini di Israele, sento ancora dire che l'Europa ha pregiudizi nei suoi confronti.
Cosa avremmo dovuto fare, oltreché far finta di dimenticare la storia del terrorismo israeliano, dire solo sottovoce che esiste ancora, fornire anche gratuitamente l'esplosivo agli attentatori?

Non so quali fossero i sogni dei sionisti "buoni", ma di certo non vi è stata nessuna azione di massa verso la giustizia da parte di Israele. Daranno pure la colpa a non-ebrei del fallimento del sogno, ma l'unica palese verità è che hanno ben più della metà delle colpe circa le sofferenze inflitte a due popoli.
Non vi è nessun sogno sogno dietro Israele come dirigenza e come stato; vi è solo la volontà di conquistare, di vincere, a costo di perdere vite umane in grande quantità da entrambe le parti. Gli attentati e tutto il resto sono costi calcolati e accettati a priori, si è solo capito che diluirli nel tempo fa meno effetto.


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